WhatsApp lancia l’allarme contro la Russia: “Cercano di bloccare le comunicazioni!”

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La Russia ha intensificato la sua campagna di controllo sullo spazio internet nazionale, prendendo di mira applicazioni di messaggistica popolari come WhatsApp, di proprietà di Meta, e Telegram. Dal 14 agosto, infatti, Mosca sembra aver iniziato a limitare le chiamate su queste piattaforme, accusandole di non aver condiviso informazioni cruciali con le forze dell’ordine in casi di frode e terrorismo.

La Russia blocca le comunicazioni di Telegram e WhatsApp

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WhatsApp ha risposto con fermezza all’accaduto, definendo la mossa un tentativo di bloccare la comunicazione sicura per milioni di russi, ribadendo che l’app è privata e criptata end-to-end, e che sfida i tentativi governativi di violare il diritto delle persone a una comunicazione sicura.

Questa escalation fa parte di una disputa di lunga data con i fornitori di tecnologia stranieri, intensificatasi dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. La Russia ha già bloccato Facebook e Instagram di Meta, rallentato YouTube e imposto centinaia di multe per mancata conformità alle sue regole sui contenuti online e l’archiviazione dei dati. Attualmente, i servizi di messaggistica testuale e le note vocali su WhatsApp non sono ancora stati interessati dalle restrizioni.

Le conseguenze per gli utenti russi sono già evidenti, con segnalazioni di malfunzionamenti e scarsa connettività, come nel caso dei tassisti di Krasnodar che non riescono a utilizzare le mappe online. In questo contesto, il governo russo sta promuovendo attivamente un’alternativa controllata dallo stato: l’app di messaggistica MAX, che si integrerà con i servizi governativi. Critici come Mikhail Klimarev, direttore della Internet Protection Society, temono che MAX possa essere utilizzata per tracciare le attività degli utenti. I politici russi stanno già migrando a MAX, esortando i loro seguaci a fare lo stesso.

La tattica della “degradazione costante” dei servizi stranieri, già impiegata con YouTube, mira a spingere gli utenti verso le piattaforme nazionali. Questo si inserisce in un quadro più ampio di nuove leggi che inaspriscono la censura e potrebbero avere ampie ramificazioni per la privacy digitale, con multe per chi cerca contenuti considerati “estremisti”, anche tramite VPN. La situazione sottolinea la tensione crescente tra il diritto alla comunicazione privata e il desiderio di controllo governativo.