Era la primavera del 2016 quando veniva presentata Good Lock, la suite software di Samsung divenuta ben presto molto apprezzata dai possessori dei suoi smartphone e tablet. Durante i suoi primi anni nel mercato Android, la compagnia sud-coreana veniva spesso criticata per avere un’interfaccia troppo pesante. La TouchWiz era sì ricca di funzionalità e personalizzazioni ma a volte questa ricchezza poteva significare poca fluidità e reattività, aspetti che vennero presi in considerazione durante la transizione prima nella Samsung Experience (2016) e poi nell’attuale One UI (2018).
Samsung Good Lock e One UI sono separati a causa delle politiche di Google: la tesi del leaker
Per molti, questo passaggio da TouchWiz a One UI ha significato un netto miglioramento, con un’esperienza software più snella che in passato. Da qui sarebbe nata la necessità di creare Samsung Good Lock, che come illustrato in questa video-guida contiene molti moduli che permettono di personalizzare vari aspetti dell’interfaccia: home, lockscreen, scorciatoie, multitasking, gesture, notifiche, screenshot, routine, audio e tanto altro. Tante di queste possibilità una volta erano intrinseche dell’intefaccia, mentre con Good Lock hanno trovato uno spazio separato: in questo modo, chi vuole può attivarle mentre chi non le vuole non si perde in mezzo a mille menu.
Non è però della stessa opinione l’insider Revegnus, secondo cui la scelta di separare Good Lock dalla One UI sarebbe da attribuire al rapporto fra Samsung e Google. Nei suoi primi anni (2008-2010), Google fu molto flessibile nei confronti dei produttori affinché Android si diffondesse quanto più possibile senza soccombere alla concorrenza di iPhone e iOS; il risultato fu che nel 2011 oltre il 70% degli smartphone sul mercato erano Android. D’altro canto, lasciare libertà alle aziende partner (Samsung, Xiaomi, OPPO e così via) significa rischiare che creassero interfacce così tanto lontane da Android da diventare veri e propri sistemi operativi alternativi.
Per evitare che ciò accadesse, dal 2011 Google avrebbe iniziato a fare pressioni sulle aziende tramite un accordo anti-frammentazione, pena la mancata fornitura di contratti quali Mobile Application Distribution Agreement (MADA) per avere i servizi Google senza i quali le app Google non funzionano, Platform Access Agreement (PAA) per avere accesso con 6 mesi d’anticipo alle build AOSP su cui costruire gli aggiornamenti, e SDK (Software Development Kits) per sviluppare app su base Android.
One UI, ma anche MIUI, ColorOS, OxygenOS, ecc. sono definibili sistemi operativi “fork”, termine con cui si indicano le interfacce sì basate su Android Open Source (AOSP) ma modificate dal relativo produttore. Tuttavia, ci sono state compagnie che hanno provato a osare ulteriormente e creare una vera e propria alternativa ad Android, fra cui proprio Samsung, prima con Bada e poi con Tizen. Non potendo rischiare di compromettere il mercato smartphone, tentò l’esperimento sugli smartwatch; nel 2013, Galaxy Gear aveva un sistema “bi-fork” Android e Tizen ergo senza app Google, coi modelli successivi si passò direttamente a Tizen, ma il mancato successo (complice l’assenza di un ecosistema) fece naufragare il progetto, e da Galaxy Watch 4 si passò a WearOS di Google.
Secondo la tesi di Revegnus, il sospetto che la One UI diventi un sistema “bi-fork” avrebbe spinto Samsung alla suddetta transizione, da una TouchWiz pesantemente ritoccata a una One UI sì personalizzata ma in maniera meno radicale per evitare conflitti con l’amica/nemica Google. Sarebbe quindi sorta la necessità di rendere Good Lock un’istanza separata, come dimostra il fatto che sia scaricabile solo dal Galaxy Store e non dal Play Store e che non sia disponibile in alcune regioni. Di conseguenza, Samsung sarebbe anche costretta a investire poche risorse nello sviluppo di Good Lock: per esempio, il modulo One Hand Operation sarebbe stato creato da un singolo sviluppatore.
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