Da sempre, la storia che vede contrapposti occidente e Huawei è lunga e complessa, specialmente da quando il ban USA ha duramente colpito l’azienda di Ren Zhengfei. Come vi ho raccontato in questa cronistoria, sono diversi gli episodi che hanno fatto dubitare gli Stati Uniti (e non solo) della bontà di Huawei. E non sono mancate vicende ambigue anche dopo il suo inserimento nella Entity List, la blacklist che impedisce alle compagnie al suo interno di fare affari con compagnie che vendono tecnologie di derivazione americana.
Gli USA stanno accusando Huawei di star provando a violare i limiti del ban americano
Di tutti i blocchi imposti, quello che proibisce a Huawei di farsi fare i chip da TSMC è sicuramente quello più gravoso. Da essere fiera proprietaria di HiSilicon, la sua divisione chip è stata pesantemente ridimensionata, non potendo farsi stampare i semiconduttori dal colosso taiwanese. In questi anni, Huawei ha cercato soluzioni alternative ma senza riuscirci, muovendosi sulla sottile linea che la separa le attività lecite da quelle illecite. Dopo averle imposto un ban totale, Huawei è riuscita ad avere le licenze per commerciare con realtà quali Intel, AMD, Samsung e Sony, così come Qualcomm, da cui però può ricevere soltanto modem LTE; e questa è una limitazione importante, che rende Huawei una compagnia non competitiva: chi comprerebbe uno smartphone 4G, quando allo stesso prezzo puoi averne uno 5G?
A seguito del ban, Huawei è stata più volte accusate di aver provato ad aggirare il blocco delle esportazioni inflitto dagli USA, come nel caso di Seagate e più recentemente con Yangtze. Questa volta, invece, l’accusa ruota attorno a Pengxinwei IC Manufacturing, detta anche PXW, startup recentemente fondata da un ex dirigente Huawei e le cui strutture sarebbero sorte proprio in prossimità del quartier generale Huawei a Shenzhen, come si evince da documenti e foto satellitari. Secondo le indiscrezioni, Huawei starebbe sostenendo lo sviluppo di questa compagnia, la quale avrebbe ordinato apparecchiature per la stampa di semiconduttori, anche da fornitori stranieri.
La produzione partirebbe dalla prima metà del 2023 e sarebbe indirizzata totalmente (o quasi) a Huawei, ma ciò non è passato inosservato agli occhi del Dipartimento del Commercio americano. Per il momento non è chiaro se le azioni di PXW violino il ban: non potendo acquistare macchinari americani, le uniche realtà importanti a cui potrebbe rivolgersi sono ASML in Europa e Tokyo Electron in Giappone. Ma anche in questi casi, PXW dovrebbe ottenere licenze apposite e quasi sicuramente non potrebbe ricevere i macchinari più avanzati, stessa sorte che è toccata al chipmaker cinese SMIC. In ogni caso, sembra difficile che PXW possa aiutare Huawei a tornare ai fasti degli anni pre-ban: per il momento, la società punta alla realizzazione di chip a 28 nm, ben più arretrati rispetto a quelli a 4 nm di TSMC e Samsung.