Sin da quando ha avuto inizio il conflitto in Ucraina, gli USA si sono imposti affinché aziende tecnologiche e non abbandonassero la Russia. Una scelta intrapresa da molte compagnie, anche se quasi esclusivamente occidentali: se si esclude DJI, i vari produttori di smartphone cinesi hanno invece approfittato della dipartita di brand come Apple e Samsung per espandersi. Nei mesi scorsi si è vociferato che Xiaomi e Lenovo avessero decisero di ritirarsi dal mercato russo, ma a oggi non c’è alcuna notizia ufficiale in merito. Una situazione che sottolinea la difficilmente decifrabile posizione della Cina, anche perché non è soltanto una questione di smartphone ma anche e soprattutto di chipset.
La Russia avrà vita dura per rimanere nel mercato dei semiconduttori
Sin da subito, ci si è accorti delle probabili conseguenze che il conflitto fra Russia e Ucraina avrebbe significato per la crisi dei semiconduttori. Ma a mettendo da parte il discorso sulle materie prime, c’è anche un problema in merito alla geolocalizzazione dei chipmaker. Innanzitutto, bisogna fare un distinguo fra chipmaker fab e fabless, necessario per capire l’importanza strategica della prima categoria. Quelli fab sono quelli più sensibili, in quanto sono quelli con le fabbriche e quindi senza di loro nessuno è in grado di stampare componenti estremamente complessi da produrre.
E dove sono questi chipmaker fab? Due dei principali, TSMC e UMC, sono in Taiwan, abbiamo poi Samsung in Sud Corea e GlobalFoundries negli USA. Tutte compagnie che operano in zone alleate alla NATO e quindi propense a estromettere la Russia, ma c’è un’eccezione: SMIC. Nonostante la Cina sia il centro del mondo quando si parla di produzione tecnologica, lo è decisamente meno se ci si focalizza al solo mercato dei chip, dove paesi come Taiwan, Sud Corea e USA sono decisamente più avanzati.
In Cina, l’unico chipmaker degno di nota è proprio SMIC, che negli anni è riuscita a raggiungere una posizione di rilievo nella produzione dei chip di fascia medio/bassa. Al punto da arrivare a essere bannata dagli USA, in una mossa del governo Trump che ha coinvolto varie aziende, Huawei in primis. E visti i rapporti fra Cina e Russia, gli USA hanno fatto pressioni su SMIC, con il chipmaker che ha affermato di non avere avuto mai clienti in Russia, cercando di placare possibili ripercussioni per la violazione delle sanzioni contro la Russia. Anche se SMIC è un’azienda cinese, il ban statunitense prevede che nessuna compagnia possa vendere alla Russia prodotti che utilizzano tecnologie di derivazione statunitense.
A tal proposito, le pressioni degli USA sono arrivate anche in Europa, più precisamente nei confronti di ASML Holding. Potreste non conoscerla, ma l’azienda olandese è la produttrice dei macchinari necessari per la stampa dei semiconduttori. Senza di essi, nessun chipmaker può realizzare i propri prodotti, nemmeno SMIC; e questo gli USA lo sanno bene, come dimostra la proposta di una nuova restrizione che vieterebbe a SML di fornire alla Cina la tecnologia per la produzione dei chip. Per esempio i macchinari a litografia ultravioletta DUV, non di ultima generazione ma comunque utili a SMIC per la stampa di chipset di vario tipo (perlopiù economici).