La presentazione di Google Pixel 6 e 6 Pro ha dimostrato l’intenzione di Big G di alzare l’asticella in fatto di smartphone. A palesarlo c’è innanzitutto la creazione di una piattaforma hardware ad hoc, con il lancio del primo Google Tensor. Il chipset proprietario è stato pensato per migliorare le capacità di machine learning dei telefoni, ma anche con un occhio alla sicurezza. Come spiegato nell’articolo dedicato, Tensor nasconde al suo interno Titan M2, componente dedicata alla salvaguardia del terminale. Crittografia, pagamenti, archiviazione, bootloader: tutto passa dal chip Google, anche lo sblocco con impronta digitale.
Il sensore d’impronte di Google Pixel 6 ha dei seri problemi di sicurezza
Da Google Pixel 6 e 6 Pro ci si aspetterebbe una salvaguardia dell’impronta come mai visto su uno smartphone, quindi. E invece avviene tutto il contrario. Sin dal loro arrivo sugli scaffali americani, moltissimi utenti hanno lamentato un’eccessiva lentezza della scansione biometrica. Certo, i Pixel 6 non utilizzando il sensore a ultrasuoni che troviamo sui flagship Samsung, ma molti altri smartphone hanno un sensore ottico e funzionano decisamente meglio.
E visto che il sensore che utilizza Google è lo stesso che utilizzano molti altri, non dovrebbe essere affatto un problema hardware. A darci conferma di ciò è la stessa Google, affermando che i rallentamenti potrebbero dipendere dall’implementazione di “avanzati algoritmi di sicurezza” sulla serie Pixel 6.