Editoriale – OnePlus, è arrivato il momento di schierarsi

oneplus logo

È innegabile che parlare di OnePlus, che sia in positivo o in negativo, risulta sempre un argomento abbastanza controverso. Ma, a qualche settimana dal lancio di OnePlus 5, mi sento di poter esprimere la mia opinione sulla posizione attuale dell’azienda. Che il lancio del flagship killer 2017 sia stato il più polarizzante nella breve ma intensa storia di OnePlus è sotto gli occhi di tutti. Basta farsi un giro su forum, gruppi Facebook, Telegram e via dicendo per assistere a svariati utenti schierati pro o contro le scelte effettuate con il nuovo smartphone. Ma per capirne il perché bisogna fare un salto temporale all’indietro, più precisamente al 2013.

Editoriale – OnePlus, è arrivato il momento di schierarsi

Circa 4 anni fa, dalla mente dell’allora vice-presidente di OPPO Pete Lau e del socio Carl Pei, nacque un progetto ambizioso. Un’idea che avrebbe rivoluzionato il mercato degli smartphone, nel vero senso della parola. È il 23 aprile 2014 quando viene annunciato OnePlus One, uno dei dispositivi più iconici di questo periodo storico. E non per l’utilizzo di tecnologie particolari o un design innovativo. No, il vero fattore X di OPO fu il suo proporsi nella fascia alta del mercato ma ad un prezzo aggressivo. Con soli 299 euro era possibile portarsi a casa un prodotto più o meno equivalente a competitors ben più blasonati e costosi.

oneplus pete lau carl pei

Certo, non si trattava di un prodotto per tutti. L’acquisto era possibile soltanto online e tramite un sistema ad inviti che, seppur fastidioso per molti, permetteva al produttore di bilanciare richiesta ed offerta. Ciò nonostante il riscontro fu altissimo, sintomo di come OnePlus fosse riuscita a colpire dritta al cuore degli utenti. Ricordo che allora seguivo sporadicamente l’ambiente tech ed un mio ex compagno di superiori venne da me una sera:

Ehi, ho comprato il OnePlus One!
Hai comprato il che?
Come, non lo conosci? Ah guarda, un telefono fighissimo! Poi il progetto è molto interessante, praticamente un top di gamma ma con un prezzo per tutti, ma comunque strizzando un occhio ai più nerd.

Top di gamma, prezzo per tutti, nerd: bastarono queste tre parole per far scoccare la scintilla e farmi documentare. Inutile dire che ne rimasi subito affascinato. Per la prima volta un’azienda che sembrava genuina, vicina alla propria community e alla portata di tutti. In una sola parola: umana. Finalmente qualcuno che non puntava alle vendite facilone, allo status symbol o al volersi identificare con stereotipi occidentalizzanti.

OnePlus One

OnePlus 5, ovvero lo spartiacque

Passano gli anni e, fra dispositivi più o meno di successo, torniamo al 2017 e a OnePlus 5, il device che ha diviso l’opinione pubblica. Sì, perché a questo giro il prezzo di lancio sale a 499 euro fino ai 559 euro della versione high end. E fin qui potrebbe non esserci nulla di male. I consumatori vogliono sempre di più, di conseguenza i costi aumentano, la manodopera aumenta e così via: è il ciclo del mercato. Ma c’è un aspetto a mio parere fondamentale da non sottovalutare, ovvero le proprie radici. Perché parliamoci chiaro, se OnePlus è la realtà attuale è per il discreto appeal per quel sottobosco geek che popola e spulcia internet alla ricerca dello smartphone dal miglior rapporto qualità/prezzo, non certo verso chi vuole lo smartphone “più bello” o “alla moda”.

Un plauso va comunque fatto a OnePlus per essere riuscita ad espandere il proprio nome, riuscendo ad intercettare sempre più persone. Ma è inutile nasconderlo, chi preferisce fare affidamento al mercato mainstream difficilmente sarà attratto dagli 8 GB di RAM o dal bootloader sbloccato. Sono scelte di target. Giuste o “meno giuste” che siano, sono scelte. Tuttavia, non sono pochi i possessori di terminali OnePlus che, in un certo qual senso, si sono sentiti traditi dal brand. Ed io, pur non avendo mai posseduto uno smartphone OnePlus, ho seguito da vicino la storia finendo per appassionarmene, da buon nerd (avendo comunque provato con mano tutti i modelli). Quell’azienda che prima sembrava così vicina, così raggiungibile, così simile a noi, è cambiata. Avete presente quell’amico di scuola, quello con cui si stringe un legame diverso dagli altri, quello con cui condividere le proprie passioni senza sentirsi stupidi? Quello che poi finisce per entrare nel giro di “quelli giusti”, lasciandovi indietro? La sensazioni per molti è stata questa.

Ecco, quindi, che arrivano gli spot con Emily Ratajkowski, gli sponsor VIP in India, gli ambassador e tutta questa patina, per certi versi necessaria, ma per alcuni comunque sbagliata. Che bisogno c’è di utilizzare una modella per promuovere la tua ricarica come quella più rapida sul mercato, potremmo chiederci? Non bastava un test video a confronto con altri smartphone? No, perché non è così che funziona il mercato mainstream. Anche perché alla fine stiamo parlando di un’azienda, non di una onlus o di un’associazione benefica. E spesso e volentieri risulta fisiologica la volontà di voler portare il tutto ad un livello sempre più alto. Ma a quale prezzo?

Lungi da me affermare che OnePlus sia in crisi. Sono sicuro che venderà milioni di OnePlus 5, un prodotto che, alla fin fine, tolti gusti, preferenze ed osservazioni soggettive, offre pressoché tutto quello che si possa volere. Prestazioni, display, fotocamera, software e chi più ne ha più ne metta. Insomma, le casse di OP sono sicuramente in positivo, visto che comunque dietro c’è una certa solidità data dai legami con OPPO e BBK. Quello che appare ai miei occhi, però, è piuttosto una crisi di identità del produttore. Perché, volenti o nolenti, sapevamo che sarebbe arrivato quel momento nella vita di OnePlus in cui avrebbe dovuto decidere da che parte schierarsi. Perché il rischio di tradire la propria utenza iniziale, quella che ti ha portato ad essere affiancata a brand come Apple o Samsung, è palpabile. E non sarà assolutamente facile bilanciare questi due mondi. Ne abbiamo avuto testimonianza proprio con OnePlus 5: se vuoi giocare con i grandi devi assumerti onori ed oneri. Il prestigio di una posizione altolocata ma anche una maggiore responsabilità verso l’utenza, nelle dichiarazioni, nei comportamenti e nelle proposte.

Perché finché sei l’underdog le persone sono sicuramente più disposte a chiudere un occhio su un difetto piuttosto che un altro. Ma quando arrivi ai piani alti ogni minima virgola ha il suo peso. Ed il rischio di ritrovarsi con un piede in due scarpe è lapalissiano. E l’esempio più diretto OnePlus lo ha in casa propria. Dopo anni di attività, OPPO ha deciso di abbandonare il mercato europeo, decidendo di concentrarsi su quello asiatico. Perché, volenti o nolenti, prima o poi bisogna decidere da che parte schierarsi. E mi auguro che OnePlus possa capirlo il prima possibile, anche se, in cuor mio, la paura di essere tradito è alta. Non tanto da OnePlus, ma da quel concetto di genuinità e originalità con cui, quella sera del 2013, due ragazzi di 24 e 38 anni decisero di rivoluzionare il mondo della telefonia. E più ci penso, più mi sento nostalgico di quel sistema ad inviti.


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