AI Mode di Google arriva in Italia: è la morte dell’editoria digitale e dei siti di tecnologia (come il nostro)?

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Crediti: Google

Con la nuova AI Mode, Google ha fatto un passo avanti importantissimo verso la morte dell’editoria digitale: l’intrattenimento e l’informazione tramite i formati digitali presto non avranno più senso di esistere, o meglio avranno senso solo per pochissimi eletti. I “fortunati” potranno comparire come primo risultato di ricerca ma mutilati: saranno divorati, masticati e ingoiati da Gemini, per poi essere risputati fuori come un sottoprodotto dell’intelligenza artificiale di Google.

Avranno la “fortuna” di comparire per primi come riassunto rielaborato da Gemini e forse, forse, qualche utente potrebbe decidere di cliccare sul link in fonte, con beneficio del sito in questione. È questo il futuro dell’editoria digitale dal mese di ottobre 2025? Sì e potrà solo peggiorare.

Google lancia AI Mode anche in Italia: come cambierà il web grazie all’intelligenza artificiale di Big G

AI Overview è stato il primo schiaffo all’editoria digitale

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Crediti: Google

Il primo passo di Google è stato introdurre AI Overview, disponibile anche in Italia: si tratta di una barra presente nella parte superiore dei risultati di ricerca, in cui viene fornita una risposta alla richiesta dell’utente senza la necessità di cliccare sui vari risultati. L’AI elabora un riassunto utilizzando molteplici fonti e il risultato è un ibrido che in alcuni casi risulta anche affidabile, e che nel suo piccolo mette comunque in evidenza i link a cui ha attinto.

Il problema di AI Overview è che può ottenere informazioni da qualsiasi fonte, anche forum, thread oppure commenti: in questo modo il flusso ottenuto può contenere anche dettagli non verificati. Ossia l’esatto opposto dell’approccio EAT di Google: Expertise (competenza), Authoritativeness (autorevolezza) e Trustworthiness (affidabilità).

L’altro grande problema di AI Overview è di tipo etico: l’intelligenza artificiale di Google può scavalcare un sito posizionato in cima ai risultati di ricerca e può farlo per il semplice motivo perché è di Google. Insomma, “è il figlio di qualcuno” di potente: vi ricorda qualcosa, specialmente in Italia? Quindi il motore di ricerca di Big G continuerà a ricevere click e visualizzazioni mentre la fonte verrà ignorata nella maggior parte delle volte e vedrà una forte riduzione di traffico e visibilità.

Il passaggio alla nuova AI Mode: il colpo di grazia di Google

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Crediti: Google

Nel caso di AI Overview abbiamo a che fare con il male minore: la funzionalità è semplice ed essenziale, risponde a domande dirette in modo sintetico, il suo scopo è quello di informare basandosi sui fatti che raccoglie.

Può essere utile in alcuni casi, a patto che non si consideri come veritiero al 100% tutto ciò che dice (o meglio, scrive). Di certo infastidisce chi lavora con l’editoria digitale, ma in fondo perfino il sottoscritto l’ha trovato utile durante le sue ricerche su Google (seppur in maniera superficiale).

In genere rappresenta una buona infarinatura su una ricerca ma è necessario spulciare tra le fonti e i link della SERP per essere certi delle informazioni ricevute.

Con AI Mode cambiano le cose: dopo una prima fase sperimentale negli States e l’apertura ad altri paesi, questa novità debutta in Italia dall’8 ottobre, disponibile come scheda nella pagina dei risultati di ricerca e nell’app Google per Android e iOS. Qui la situazione si complica dato che abbiamo a che fare con una modalità conversazionale, in grado di rispondere alle domande complesse degli utenti.

AI Mode è più potente: combina capacità di ragionamento e multimodalità più avanzate, offrendo anche la possibilità di ampliare la ricerca tramite domande di approfondimento e link utili al web. Le rispose sono personalizzate, con una vera e propria conversazione con Gemini; inoltre può generare grafici, tabelle, utilizzare la posizione dell’utente e quant’altro.

Aiutare le persone a esplorare il meglio del web, sostiene il blog di Google: peccato che le interazioni delle persone ora si fermeranno a Gemini. L’AI di Big G offrirà tutti i dettagli, rispondendo in modo efficace ed efficiente alle domande degli utenti. Ma riflettendoci un attimo è chiaro che questa non sarà farina del suo sacco, ma contenuti analizzati e rimodellati. Google si beccherà tutto il traffico e l’applauso dell’utente soddisfatto ma dietro la performance dell’AI ci sarà il lavoro di qualcun altro, trafugato da Gemini (solo perché “è il figlio di qualcuno” come dicevamo poco sopra).

Non possiamo fare a meno di farci una domanda, legata proprio a quello che potrebbe essere il futuro dell’editoria. Nello scenario apocalittico in cui tantissimi siti spariranno dai radar e smetteranno di creare contenuti (che poi è già realtà, altro che futuro), con cosa si alimenterà l’AI di Google? Resteranno in piedi pochi giganti e quelli saranno l’unica fonte di informazione di Gemini e poi? Quando anche l’ultima goccia di linfa vitale sarà stata assorbita, come continueranno le cose?

La grande soluzione: regolamentare l’AI e il suo utilizzo

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Crediti: Canva

Non vogliamo entrare troppo nel dettaglio, né avventurarci in un campo che non è il nostro: tuttavia l’unica soluzione per migliorare le cose è la regolamentazione. L’intelligenza artificiale va regolamentata tramite leggi così come le azioni di un gigante del calibro di Google vanno controllate e gestite per evitare la formazione di monopoli (spoiler, ci sono già).

Tuttavia di recente la politica degli USA si muove in tutt’altra direzione: basti pensare alle minacce del Presidente Trump all’Europa proprio a causa delle normative digitali, che sarebbero discriminatorie nei confronti dei poveri, piccoli, indifesi giganti tech statunitensi.

Se da un lato regolamentare è la soluzione “più democratica” (per evitare monopoli ed ingiustizie), dall’altro c’è anche un’altra possibilità. Nel caso in cui dovesse emergere un competitor serio e di alto livello (parlando in termini di motore di ricerca) ci sarebbe una lotta tra giganti che potrebbe aprire le porte proprio alla regolamentazione da parte delle istituzioni.

Uno scontro tra colossi tech porterebbe la questione sotto gli occhi del grande pubblico per forza di cose e di conseguenza le autorità dovrebbero intervenire necessariamente.