Era nell’aria, ma adesso è ufficiale: gli Stati Uniti vogliono colpire ancora più duramente l’industria dei chip della Cina con un nuovo ban che rischia di mettere in serie difficoltà la nazione di Xi Jinping. Quello che sta per essere messo in atto è un ampliamento dei blocchi d’esportazione verso la Cina; una regola che si basa sulla Foreign Direct Product Rule, legge del 1959 che prevede che se un prodotto è stato realizzato con tecnologia americana, anche all’estero, il governo USA possa impedirne la vendita. È la stessa dinamica attuata per il ban di aziende quali Huawei, SMIC e DJI, ma questa volta l’obiettivo sono tre settori chiave: apparecchiature per realizzare semiconduttori avanzati, supercomputer e memorie.
Nuovi risvolti per lo scontro tecnologico che vede contrapposti USA e Cina
Nel primo caso, gli Stati Uniti vogliono vietare a qualsiasi produttore mondiale di macchinari per la stampa di semiconduttori avanzati che utilizza tecnologie americane di venderli alla Cina. Un limite che andrebbe a toccare praticamente ogni compagnia del settore, non soltanto le americane Applied Materials, KLA e Lam Research ma anche quelle fuori dai confini statunitensi. Oltre alla stampa, il blocco dell’invio di semiconduttori avanzati alla Cina punterebbe in particolar modo al mondo dei supercomputer; per l’esattezza, i sistemi da oltre 100 petaFLOPS in grado di svolgere più di 100 trilioni di operazioni al secondo.
Un tipo di macchine utilizzato anche in ambiti militari, e ciò sarebbe una minaccia alla sicurezza, specialmente in seguito alle esercitazioni militari cinesi a Taiwan per la visita della presidente della Camera americana Nancy Pelosi. Preoccupazioni che guardano anche al conflitto in Ucraina: se la Cina fosse in grado di produrre chip avanzati potrebbe venderli alla Russia e rafforzarne il comparto bellico.
Il rischio per la Cina, però, è che a essere colpiti siano anche i potenti data center di realtà non militari ma commerciali come Baidu, Tencent, Alibaba e ByteDance. Inoltre, le stesse compagnie americane NVIDIA e AMD ne potrebbero uscire colpite, dato che sono fra i principali (se non gli unici) fornitori di chip essenziali per supercomputer, intelligenza artificiale, cloud e server. Nel mentre, la Cina sta lavorando ad alternative alle GPU NVIDIA, ma ci vorrà tempo prima di scoprire se possano effettivamente rimpiazzarle.
Per finire, il nuovo ban USA colpisce anche il settore delle memorie in Cina: spesso abbreviata in YTMC, Yangtze (assieme ad altre 30 aziende cinesi) è stata ufficialmente inserita nella Entity List. YMTC avrebbe violato i controlli sulle esportazioni statunitensi in favore di Huawei, finendo bannata in quanto la Cina non ha dato modo alle autorità americane di effettuare le verifiche del caso. Ma non solo YMTC, perché gli effetti del ban dovrebbero ripercuotersi anche verso altre realtà cinesi come ChangXin e JHICC, mettendo a dura prova il mercato interno cinese per memorie DRAM e NAND.
Nuovo ban USA contro la Cina: cosa aspettarci?
Dopo aver stretto la Chip 4 Alliance con Taiwan, Sud Corea e Giappone e aver istituito il CHIPS Act, questa è l’ennesimo passo contro da parte degli Stati Uniti verso la Cina. Lo abbiamo visto di recente, con il blocco di materiali e software necessari per l’avanzamento tecnologico cinese, e lo vediamo nuovamente confermato. Sarà interessante vedere cosa faranno le altre nazioni: gli USA non assicurano che le nazioni alleate facciano lo stesso, e sono in corso discussioni con i paesi alleati. In particolare Giappone ed Europa, che possiedono importanti compagnie come ASML e Tokyo Electron, produttori delle macchine per stampare semiconduttori di ogni tipo, anche i più avanzati al mondo. Inoltre, sono state date rassicurazioni alla Corea del Sud, in quanto le fabbriche cinesi di memorie Samsung e SK Hynix non dovrebbero essere toccate dai nuovi blocchi.
Per il ministero degli Esteri cinese, queste mosse sarebbero un “abuso per rafforzare l’egemonia tecnologica degli Stati Uniti“. Secondo gli addetti ai lavori, questo si prospetta il più grande cambiamento dagli anni ’90 della politica statunitense nei confronti della tecnologia cinese. “Questo riporterà la Cina indietro di anni“, afferma Jim Lewis, esperto di sicurezza informatica presso il CSIS, sottolineando come queste politiche si rifarebbero alle rigide normative tipiche della Guerra Fredda. “La Cina non rinuncerà alla produzione di chip… ma questo li rallenterà davvero“. Secondo le stime degli eserti, affinché la Cina possa provare a sviluppare tecnologie produttive alternative per sostituire quelle americane potrebbero volerci dai 5 ai 10 anni.