[Tecnologia e Futuro] La comunicazione wireless

torre radio
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In queste settimane abbiamo affrontato un lungo viaggio verso il cuore dei nostri dispositivi ed oggi, finalmente, siamo ad un passo dall’ambita meta. Prima di analizzare il SoC e la RAM che permettono ai nostri dispositivi di “pensare”, tuttavia, dobbiamo effettuare un’ultima ma fondamentale sosta.

Se abbiamo già parlato delle membra e dei sensi dei nostri terminali, infatti, non abbiamo dedicato finora la giusta attenzione alla capacità di questi di interagire con il resto del mondo informatico. I sistemi di comunicazione wireless, d’altra parte, hanno motivato lo sviluppo dei telefoni cellulari (progenitori degli smartphone), sono alla base delle tante funzioni social desiderate dai consumatori e, di conseguenza, meritano la nostra attenzione.

tacs
A mobile phone from the 1980s, in the LT Lost Property Office in Baker Street.

Oggi vedremo quindi i principi che rendono possibile lo scambio di dati tra dispositivi e, riprendendo le nostre vecchie abitudini, ci concentreremo su tecnologie attuali e protocolli largamente utilizzati. Giovedì, invece, sarà come al solito dedicato alle prospettive future ed alle idee più innovative che, a vario titolo, rappresentano delle valide opportunità per gli smartphone del futuro.

I principi del wirless

I nostri terminali non sono solo capaci di analizzare l’ambiente circostante tramite i loro sensori, ma possono anche comunicare tra di loro e con delle infrastrutture che consentano l’accesso a internet ed alla rete telefonica. Il tutto, naturalmente, senza che ci sia una connessione meccanica (cioè un cavo) che li colleghi ad altri dispositivi.

Il meccanismo fisico alla radice delle tecnologie wireless è concettualmente molto simile a quello che rende possibile la comunicazione umana e si basa, di fatto, sulla modulazione di onde per trasmettere le informazioni. A differenza del mondo animale che utilizza il suono, tuttavia, i nostri smartphone si affidano ad onde elettromagnetiche che, a seconda della frequenza, possono rientrare nelle categorie di onde radio e, in rari casi, infrarossi.

onda elettromagnetica
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È giusto notare che queste onde sono composte da oscillazioni autopropaganti (rispettando le leggi di Maxwell) del campo elettrico e di quello magnetico che, a differenza del suono, possono viaggiare anche nel vuoto. La propagazione di queste onde, poi, avviene in direzione perpendicolare rispetto a quelle in cui oscillano i campi: siamo di fronte ad un caso di onde trasversali.

Tornando alle tecnologie wireless diffuse in ambito mobile, comunque, dobbiamo notare che queste fanno uso di una parte molto ristretta dello spettro elettromagnetico. Come potete notare dall’immagine, infatti, quest’ultimo include anche la luce visibile, radiazioni più energetiche (decisamente pericolose) e onde di bassissima frequenza.

spettro elettromagnetico
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Le bande effettivamente utilizzate dalla singola tecnologia, poi, sono soltanto una parte piccolissima delle regioni che abbiamo appena individuato. L’uso di canali diversi per ogni protocollo, infatti, è dettato dalla necessità di evitare sovrapposizioni tra le trasmissioni, dalla disponibilità legale e, sopratutto, dalla volontà di ottimizzare il segnale e l’energia utilizzata in funzione della distanza e degli ostacoli esistenti tra i dispositivi coinvolti.

Le frequenze intorno a 1-2 GHz, ad esempio, sono ideali per l’uso a medio-lunga distanza e superano con sufficiente facilità gli ostacoli, mentre quelle a 2.4 GHz e 5GHz sono state preferite per la copertura di aree più limitate. Gli infrarossi, infine, sono utilizzabili solo a corto raggio (i dispositivi devono essere in vista tra di loro) e sono ormai relegati al controllo di apparecchi elettronici. Nonostante tutte le tecnologie utilizzate in ambito wireless utilizzino onde elettromagnetiche, dunque, è chiaro che la frequenza gioca un ruolo molto importante nel definire le possibilità teoriche dello standard di comunicazione.

modulazione
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La trasmissione delle informazioni ha poi bisogno anche di un sistema di modulazione che, modificando l’onda portante (carrier) in base al messaggio da trasmettere, emetta un segnale interpretabile dal ricevitore. Dato che i nostri dispositivi devono essere in grado sia di ricevere che di trasmettere, inoltre, è necessaria una tecnologia che renda lo scambio dei dati bidirezionale (duplex).

I dettagli sui tipi di modulazione utilizzata saranno chiariti ogni qual volta affronteremo una nuova tecnologia, ma possiamo già dirvi che i sistemi duplex attualmente più utilizzati sono di tipo FDD (Frequency division duplex) e TDD (Time division duplex). Il primo, in particolare, utilizza due sotto-bande di frequenza dedicate rispettivamente alla ricezione e all’invio di dati, mentre il secondo utilizza un’unica banda ed alterna nel tempo l’upload al download.

fdd tdd

Vi ricordiamo, a questo proposito, che è sempre possibile, secondo il teorema di Fourier, scomporre in frequenza qualsiasi segnale periodico. Questo vuol dire, all’atto pratico, che un’onda elettromagnetica che è somma di frequenze diverse può essere trasformata nelle sue componenti e che, d’altra parte, utilizzando un buon filtro MEMS a valle dell’antenna è possibile isolare una banda di frequenza senza interferenze dal resto dello spettro (frequenze ortogonali).

cdma
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Sarà necessaria, infine, una tecnologia che consenta a più terminali di utilizzare lo stesso standard di comunicazione senza interferire tra di loro, cioè un sistema di accesso multiplo al canale. Questo è possibile, ancora una volta, tramite la divisione in sotto-bande di frequenza (FDMA, frequency division multiple access), grazie alla ripartizione del tempo di accesso al canale (TDMA, time division multiple access), tramite il rilevamento della portante (CSMA, carrier sense multiple access) o utilizzando “lingue differenti” con il CDMA (Code division multiple access, oggi il più diffuso) che abbiamo già incontrato parlando dei GNSS.

Le reti cellulari

Gli standard di comunicazione wireless, come abbiamo detto, avranno caratteristiche diverse a seconda dell’uso per cui sono nati. La necessità di coniugare un’elevata copertura del territorio con una grande velocità di trasmissione, in particolare, ha rappresentato una sfida tecnologica non indifferente per l’industria delle telecomunicazioni che è stata risolta solo con l’avvento delle reti cellulari.

L’idea che sta alla base di queste tecnologie è quella di suddividere il territorio in diverse celle, che saranno poi coperte singolarmente tramite torri radio. In questo modo è possibile, assumendo che le diverse torri non interferiscano troppo, diminuire la potenza necessaria alla trasmissione dei dati (la singola stazione ha un’area limitata da servire) e, allo stesso tempo, migliorare di molto la disponibilità di banda: terminali agganciati a celle diverse, infatti, potranno utilizzare lo stesso canale senza interferire.

cellulare
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Le torri radio, poi, saranno collegate tra loro con ponti wireless o in fibra ottica, e l’intera infrastruttura avrà diversi punti di accesso alla classica rete telefonica e ad internet. Utilizzando un codice identificativo (presente nella SIM), infine, ogni device potrà essere riconosciuto dalla rete e, quando necessario, potrà effettuare il cambio di cella senza interruzione del servizio.

Oggi esistono diversi standard per le reti cellulari che, com’è naturale, si sono stratificati nel tempo a causa della naturale evoluzione tecnologica. È interessante notare, a questo proposito, che le torri radio normalmente sono in grado di gestire più protocolli wireless contemporaneamente per garantire la compatibilità con i dispositivi più obsoleti.

generazioni cellulari
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La tecnologia cellulare attualmente più diffusa a livello mondiale, ad esempio, è la vecchia GSM (global system for mobile communications), artefice della prima vera diffusione della telefonia in mobilità. Questo standard prevede che le torri si dividano la banda assegnata (quelle a 900 MHz e 1800 MHz in Europa, 850 MHz e 1900 MHz in America) tramite FDMA, e che ogni canale sia poi suddiviso tra più terminali con TDMA.

Il protocollo prevede poi che la trasmissione sia FDD ed avvenga con frequency hopping, una tecnica di spread spectrum che consente, cambiando frequentemente sottocanale, di ridurre le interferenze e migliorare il segnale a parità di potenza impegnata. La modulazione, infine, è di tipo GMSK (gaussian minimum-shift keying) ed agisce cambiando la frequenza della portante, in modo da avere un’alternanza tra due frequenze ben definite.

GMSK
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Le singole celle possono avere un raggio massimo di 35 Km, ed ogni portante dispone di di 8 time slot, cioè può essere utilizzata per otto conversazioni nello stesso momento. Sacrificando la qualità, inoltre, è possibile utilizzare lo stesso timeslot per inviare e ricevere dati, lasciando libero un canale FDD per altri dispositivi.

Il GSM prevede anche la possibilità di inviare messaggi testuali (SMS), e l’audio è compresso con un algoritmo di codifica predittiva lineare (per maggiori dettagli vi consigliamo di leggere il nostro realtivo articolo). Il GPRS (General Packet Radio Service), poi, ha aggiunto la possibilità di accedere ad internet (WAP), di inviare messaggi multimediali (MMS) e di effettuare chiamate di gruppo.

GPRS
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L’architettura di trasmissione è in questo caso la stessa, con la sola differenza che la banda non viene utilizzata per le conversazioni ma per lo scambio di pacchetti di dati. A seconda della distanza dalla torre, inoltre, si utilizzano sistemi di codifica diversi che possono privilegiare la robustezza del segnale o la sua velocità: nel caso di basse distanze ad esempio il rate teorico è di 21,4 kbit/s, che scende a soli 9,05 kbit/s in caso di cella lontana.

Un’ulteriore evoluzione del GSM, infine, è segnata dall’EDGE (Enhanced Data rates for GSM Evolution) che ha triplicato la velocità di connessione GPRS, consentendo di utilizzare tutte le normali funzionalità di internet, videochiamate incluse. Questo miglioramento è stato reso possibile dall’utilizzo della modulazione 8-PSK (phase-shift keying) che permette di utilizzare otto diverse configurazioni della fase della portante per inviare 3 bit alla volta.

8-psk
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Un enorme salto qualitativo si è poi avuto con le più recenti reti UMTS (Universal Mobile Telecommunications System) che, mantenendo lo stesso core network, utilizzano il protocollo W-CDMA (Wideband Code Division Multiple Access) per raggiungere buone velocità di trasmissione. Questo sistema si basa sull’utilizzo di canali da 5 MHz per la trasmissione in CDMA, che possono essere usati sia in FDD che in TDD (solo in Asia).

Le bande di frequenza utilizzate variano molto in base al paese, e in Italia sono state date in licenza ai gestori quelle a 2100 MHz e, dal 2014, a 900 MHz. È presente ancora una volta la tecnologia spread spectrum, che questa volta è di tipo direct sequence, che agisce (in maniera simile a quanto abbiamo già visto nel caso delle comunicazioni GPS) introducendo un codice ad alta frequenza conosciuto sia dal trasmettitore che dalla torre.

dsss
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La modulazione, poi, può avvenire in QPSK (quadrature phase-shift keying) che utilizza quattro diverse configurazioni della fase dell’onda per trasmettere i dati (che saranno così inviati 2 bit alla volta) o in QAM (quadrature amplitude modulation). Quest’ultimo sistema, in particolare, somma la modulazione in ampiezza di due portanti in opposizione di fase per ottenere un segnale modulato in ampiezza e fase. In questo modo è possibile ottenere un numero elevato di configurazioni possibili che, in questo caso, possono essere 16 o 64.

Anche lo standard UMTS ha subito un’evoluzione nel tempo, segnata  dal continuo rilascio di nuove release. La velocità della connessione è così salita dagli iniziali 384 kbit/s ai ben più sostanziosi 99.3 Mbit/s di HSDPA e ai 337.5 Mbit/s di HSPA+. Queste velocità incredibili sono state ottenute utilizzando la modulazione 64-QAM affiancata da MIMO (multiple input multiple output), cioè dall’uso di più antenne in contemporanea per migliorare la qualità del segnale, e di quad-cell, cioè l’utilizzo di quattro bande di frequenza allo stesso tempo.

quad cell
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A questo punto l’ampia diffusione di dispositivi LTE e la buona copertura del territorio potrebbero spingerci a parlare di questa nuova tecnologia ma, dato che molte delle promesse del 4G non sono ancora realtà, preferiamo rimandare l’argomento al prossimo articolo di giovedì.

La rete in casa e in ufficio: il WiFi

Scendendo di scala troviamo le reti locali (WLAN), che coprono un’area assai più ridotta di quelle cellulari e sono pensate per offrire connessioni a banda larga ad un numero minore di utenze. La tecnologia che domina questo settore, come sicuramente saprete, è quella WiFi basata sulle specifiche dello standard IEEE 802.11 e dalle sue tante varianti.

Questa tecnologia, a differenza di quelle per le reti cellulari, utilizza bande di frequenza non soggette a licenza, per legge disponibili gratuitamente all’uso dei privati cittadini per la comunicazione a bassa potenza (EIRP non superiore a 20dBm). Si tratta, in particolare, di 14 canali larghi 20 MHz intorno a 2.4 GHz e di 42 canali intorno a 5.4 GHz, dei quali spesso solo una parte è davvero disponibile ne i vari paesi.

bande wifi
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La convivenza di più dispositivi sulla stessa rete questa volta è garantita da un sistema ODFM (orthogonal frequency-division multiplexing) che consiste nel suddividere la banda di frequenza in un numero elevatissimo di sottocanali. Utilizzando la trasformata di Fourier veloce, poi, i dispositivi collegati alla rete possono individuare e ricreare il segnale delle singole frequenze che, essendo quasi del tutto scorrelate, trasporteranno in maniera indipendente l’informazione.

Sul singolo sottocanale, poi, si utilizzerà una modulazione di tipo PSK o QAM, a seconda della variante WiFi utilizzata e, sopratutto, della qualità del segnale elettromagnetico. Il PSK, in particolare, consente basse velocità di connessione ed è riservato ai casi di segnale degradato, mentre il QAM sarà scelto in condizioni ideali.

ODFM
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Il protocollo WiFi oggi più diffuso è sicuramente quello 802.11g, che opera solo nei canali a 2.4 GHz e permette una velocità massima di 54 Mbit/s, ma anche il suo successore 802.11n, che ha introdotto MIMO e l’utilizzo di canali da 40 MHz, ha raggiunto una buona diffusione. Quest’ultimo protocollo, poi, ha aumentato il numero di sottocanali, è pensato per lavorare anche sui canali a 5.4 GHz e, non per ultimo, ha introdotto il beamforming che permette la trasmissione direzionale del segnale con ovvie ripercussioni su consumi e copertura.

Tutti gli smartphone più recenti, infine, sono compatibili con lo standard 802.11ac che, come al solito, rappresenta la naturale evoluzione di 802.11n: i canali passano così a 80 MHz o 160 MHz di larghezza, la tecnologia MIMO si evolve in MU-MIMO (che è in grado di funzionare con più dispositivi alla volta), la modulazione arriva al 256-QAM. Una naturale evoluzione delle tecnologie precedenti, dunque, che consente nella sua versione allo stato dell’arte di entrare agevolmente nell’ordine dei Gbit/s.

Reti personali: il Bluetooth e infrarossi

Chiudiamo questo articolo con i WPAN (Wireless Personal Area Network), cioè quelle reti che nascono per collegare un numero molto ristretto di dispositivi poco distanti tra loro. Lo standard oggi più diffuso per questa funzione è sicuramente il Bluetooth che, utilizzando la stessa banda dei 2.4 GHz del WiFi, riesce a connettere dispositivi distanti meno di 10 metri con un consumo ridicolmente basso di energia.

Questa tecnologia è oggi giunta alla sua versione 4.2 e, nel tempo, ha raccolto un numero elevatissimo di profili necessari ai tanti possibili usi a cui si presta. Esiste dunque una modalità apposita per l’uso con cuffie wireless, un’altra destinata a mouse e tastiera, un’altra ancora dedicata allo scambio di dati (che nelle versioni più recenti avviene in realtà utilizzando una connessione WiFi da 24 Mbit/s) e così via.

profili bluetooth
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Dobbiamo segnalare, inoltre, che le attuali specifiche di Bluetooth includono in realtà due diversi protocolli non compatibili tra loro. Il primo, che deriva direttamente dallo standard originale, utilizza 79 canali da 1 MHz gestiti da frequency hopping con modulazione GFSK (Gaussian frequency-shift keying) o di tipo PSK, mentre il secondo deriva dal Wibree di Nokia e si cela sotto il nome di Bluetooth Low Energy (o smart).

Quest’ultimo, in particolare, utilizza 40 canali da 2 MHz con spread spectrum di tipo direct sequence, risultando incompatibile con il protocollo classico. I vantaggi di questa tecnologia, che fa parte dello standard a partire dalla versione 4.0, sono comunque legati all’efficienza energetica che, in futuro, diverrà sempre più importante con l’arrivo del famigerato internet delle cose.

bluetooth smart
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Concludiamo l’articolo citando anche quei sistemi infrarossi che, una volta deputati alla comunicazione tra cellulari, oggi sono stati soppiantati dal bluetooth e, quando presenti, sono relegati alla funzione di telecomando. I pochi smartphone dotati di led IR, infatti, non dispongono del fotodiodo che sarebbe necessario allo scambio di dati, ed usano quindi questo componente solo per controllare altri apparecchi.

La prima parte del nostro appuntamento con la tecnologia wireless si conclude qui, vi aspettiamo giovedì prossimo per parlare di LTE, delle sue evoluzioni, di WiMAX, di NFC e di tante altre tecnologie!