Da quando Nancy Pelosi ha visitato l’isola di Taiwan, i dissapori fra USA e Cina si sono nuovamente accesi, e il mercato dei semiconduttori non ne è esente. Prima con la presidenza Trump poi con quella Biden, gli Stati Uniti hanno fatto tutto ciò che era loro possibile per fermare l’avanzata cinese nel mondo tecnologico. Huawei, ZTE e DJI sono solo i nomi più celebri fra le aziende su cui si è abbattuta la scure della famigerata blacklist statunitense, ma i blocchi non si sono fermati lì. Di recente, gli USA hanno siglato il CHIPS Act per diminuire la dipendenza dalla filiera elettronica cinese; senza contare la messa in atto della Chip 4 Alliance, l’accordo con Taiwan, Sud Corea e Giappone per rafforzare la collaborazione nella produzione di semiconduttori.
Da non essere per niente competitiva, la Cina sta iniziando a guadagnare quote nel mondo dei chip: lo dimostra SMIC, il chipmaker #1 della nazione che oggi possiede il 5% del mercato globale nonostante il ban USA. Colossi come TSMC e Samsung sono ancora lontani, ma è innegabile che SMIC sia riuscita a farsi notare, specialmente da quando si è dimostrata in grado di produrre chip più avanzati a 7 nm. Se ci si sposta dal mondo dei chip, anche in ambito memorie sta diventando competitiva, tanto da spingere gli USA a imporre nuovi blocchi alla loro produzione in Cina.
Ecco come gli USA stanno nuovamente colpendo il mercato dei chip della Cina
A tal proposito, la divisione Bureau of Industry and Security del Dipartimento del Commercio statunitense ha imposto nuovi controlli sulle esportazioni. Il motivo? Sempre il solito, “sicurezza nazionale“, ricollegandosi all’accordo di Wassenaar siglato nel 1996 fra 42 nazioni (Cina esclusa) riguardante le cosiddette tecnologie a doppio uso, cioè quelle tecnologie in grado di fungere sia funzioni civili che militari. E fra queste troviamo ovviamente i semiconduttori, parte integrante di dispositivi consumer come smartphone e tablet fino ad apparecchi militari.
Nello specifico, gli USA vogliono bloccare l’esportazione verso la Cina dei software per lo sviluppo di microchip, in particolare quelli per i chip Gate-All-Around, tipologia su cui si basano le prossime generazioni di chip a nanometri avanzati (come quelli a 3 e 2 nm). I controlli degli USA riguarderebbero anche le esportazioni di ossido di gallio e diamante, materiali più performanti rispetto al classico silicio necessari per lo sviluppo di semiconduttori a banda ultra-larga per applicazioni militari. Tutte mosse che secondo gli analisti rischiano di colpire in maniera incisiva l’industria elettronica cinese, che dipende dai software di matrice americana di aziende quali Cadence Design Systems, Synopsis e Mentor Graphics; nel mentre, realtà cinesi come Empyrean Technology stanno provando a subentrare al loro posto, ma il divario tecnologico è ancora evidente (si parla di 1 o 2 generazioni indietro).