Nuovo lockdown in Cina: il mercato tech trema

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Si ripete la storia: mentre in occidente la situazione sanitaria si è vagamente normalizzata, in Cina si torna a parlare di lockdown. Nella nazione si sta registrando una rapida impennata dei casi di Covid-19, portando la media giornaliera da poche centinaia a oltre 3.000 lo scorso sabato. I giornali lo definiscono “il peggior focolaio da inizio 2020“, quando la città di Wuhan diventò tristemente nota in tutto il mondo. Di conseguenza, il governo cinese sta mettendo in atto politiche altamente restrittive, costringendo a casa milioni di persone e conseguentemente chiudendo numerose fabbriche. E questo potrebbe nuovamente infliggere un duro colpo al mercato tecnologico.

Da almeno 4 giorni si registrano oltre 1.000 casi giornalieri di Covid-19 in Cina: numeri che a noi potrebbero sembrare innocui (in Italia la media è di 50.000 casi) ma che non lo sono per una Cina che lo scorso febbraio registrava poche decine di casi al giorno. Sin dall’inizio della pandemia, la Cina ha applicato una rigorosa politica Zero Covid: bastano pochi casi per mettere in quarantena città con milioni di abitanti. Il caso più eclatante è quello di Xi’an, che a inizio 2022 ha obbligato a casa 13 milioni di abitanti per quasi 2 settimane, con tutte le problematiche che ne derivano.

La Cina restringe il suo lockdown sanitario, con conseguenze per il mercato tech

Adesso questi lockdown si stanno estendendo anche ad altre città della Cina, in particolare Shenzhen, centro nevralgico di un mercato tech che si dipana in tutto il mondo. Il governo cinese ha istituito un blocco dei trasporti pubblici e sta organizzando tamponi a tappeto per contenere possibili focolai, con i cittadini che non potranno lasciare la città. I negozi essenziali continueranno a operare come solito, mentre attività come i ristoranti potranno soltanto fare consegne. Ricordiamo che i centri industriali e tecnologici di Shenzhen ospitano i quartier generali di compagnie come Huawei e ZTE, nonché numerosi uffici per Xiaomi, OPPO, OnePlus, vivo e molte altre.

Per non parlare di Foxconn, il cuore della produzione dei dispositivi elettronici di mezzo mondo. Dalle sue fabbriche escono smartphone e non targati Huawei, Xiaomi, Apple, Nokia, Lenovo e Motorola; ma anche le console Sony, Microsoft e Nintendo, nonché vari prodotti per HP, Dell, Cisco, Acer, Amazon, Toshiba e Sharp. A tal proposito, vi consiglio questo editoriale in cui vi spiego perché tutti gli smartphone vengono dalla Cina. A causa della situazione sanitaria, Foxconn ha annunciato che sospenderà la produzione in vari stabilimenti fino a nuovo ordine governativo. Ma anche altre aziende faranno lo stesso, come il fornitore di schermi GIS e il chipmaker Umicron.

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Non va tanto meglio alla città di Shanghai, anch’essa in stato di lockdown e con blocchi imposti a cittadini e industrie. Nella città opera una realtà importantissima per la Cina come SMIC, chipmaker di cui tanti hanno sentito parlare in merito alle sanzioni americane assieme a Huawei.

Per il momento, questi lockdown sono programmati fino al 20 marzo, ma non è da escludere che la data venga rimandata se i contagi non caleranno. Resta da capire come si svilupperà la situazione nei prossimi mesi, anche in virtù delle problematiche di materie prime derivanti dal conflitto fra Russia e Ucraina.

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