Molto spesso in questi lidi ci sentite parlare di yuan, un nome apparentemente esotico che indica la valuta cinese. Ce ne sentite parlare ogni volta che trattiamo di un nuovo smartphone presentato in Cina, di cui puntualmente vi lamentate perché “tanto in Europa costerà di più“. Come darvi torto, ma oggi non sono qua per parlarvi dell’ultima uscita nel mondo della telefonia, bensì dell’impatto che la tecnologia ha sull’economia. Un impatto sotto gli occhi di tutti, dall’e-commerce che ha stravolto le nostre abitudini di acquisto, passando per i rider ed i pagamenti in mobilità. Ed è proprio quest’ultimo aspetto che sta diventando essenziale nell’agenda di nazioni come la Cina.
Sembra ieri che discutevamo sul perché l’euro valesse 1936,27 anziché 2000 lire, mentre oggi il denaro assume una forma sempre meno tangibile. Io stesso non vedo quasi per nulla in veste fisica il denaro che ricevo ogni mese e penso valga lo stesso per molti di voi. Un cambiamento inevitabile e che per i futurologi rappresenta il primo passo verso un futuro nemmeno così remoto, in cui non possederemo nulla di fisico. Un esempio plateale sono le piattaforme di streaming: musica, film, videogiochi, tutto nelle “mani” di server sparsi nel mondo. Ma per citare qualcosa di ancora più attuale, come non parlare della corrente della crypto art.
Da reale a virtuale: l’arte e i soldi diventano qualcosa di impalabile
Ma se su arte e multimedialità l’attenzione è minima, quando si parla di soldi ecco che ai governi si drizzano le antenne. Specialmente quando l’eventualità che il potere monetario passi dalle nazioni alle multinazionali diventa sempre più concreta. Ovviamente il pensiero va subito alle criptovalute, un altro degli elementi cardini di un futuro sempre più virtuale. C’è chi in Bitcoin e compagnia varia vede una sovversione delle regole monetarie a cui siamo storicamente abituati. Un sentimento che si è riacceso con l’ormai celebre caso delle azioni GameStop, ma quello è un altro discorso.
Indipendentemente da quale sia la propria opinione sul fenomeno crypto, ci sono zone del mondo in cui non sono viste di buon occhio. Indovinate un po’ chi figura in questo elenco? Esatto, la Cina. Ed è proprio il governo di Xi Jinping che nel 2014 ha avviato un progetto ambizioso: la creazione di una valuta digitale denominata eCNY o anche e-yuan. La Cina non è certo l’unico paese che sta testando una valuta nazionale virtuale. L’elenco è più lungo di quanto si possa pensare: Russia, Giappone, India, Canada, Danimarca, Olanda, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Palestina, Estonia, Ecuador, Bahamas e Senegal. Ma è praticamente scontato che altri si aggiungeranno nel prossimo futuro. Ma fra tutti questi, la Cina sembra quella veramente in pole position.
La Cina accelera verso lo e-yuan: come cambierà l’economia nel mondo?
Secondo gli esperti, il 2022 sarà l’anno d’esordio dello yuan elettronico, giusto in occasione delle Olimpiadi Invernali di Pechino (pandemia permettendo). Fra fine 2020 e inizio 2021 il governo ha già indetto alcune lotterie in varie città della nazione. Il regalo? Pacchetti da 200 e-yuan (circa 25€) per 100.000 fortunati, da spendere in alcuni negozi fisici e – ovviamente – virtuali.
Questa accelerata verso la transizione da reale a virtuale è dettata da più motivi, in primis la propensione allo sviluppo tecnologico che da anni contraddistingue il paese. In Italia, così come in tanti altri paesi, la storia recente del denaro ha attraversato tre fasi principali. Siamo partiti dai pagamenti in contanti, per poi passare alle carte di credito/debito ed infine ai pagamenti digitali. Ma mentre il governo italiano escogita metodi come Supercashback e Lotteria degli Scontrini per incentivare i pagamenti tracciati, in Cina la storia è ben diversa.
Gli anni 2000 hanno rappresentato un periodo di grossi cambiamenti per l’economia cinese. In quegli anni debuttavano Alibaba e Tencent, due colossi che hanno dato i natali ai rispettivi Alipay (2004) e WeChat Pay (2013). Le due piattaforme di pagamento digitale hanno rapidamente spopolato, arrivando a contare assieme più di 1 miliardo di utenti. Se siete mai stati in Cina, vi sarete subito accorti che non c’è negozio o bancarella che non accetti questo tipo di pagamenti. Basta un QR Code ed uno smartphone: si apre la fotocamera, si scansiona e si effettua il pagamento tramite il wallet digitale sul proprio telefono. Insomma, la Cina ha saltato una generazione, passando direttamente all’economia digitale che qua abbiamo iniziato a vivere concretamente solo da pochi anni.
Tutta colpa… oppure merito di Alibaba e Tencent
Per quanto ciò la renda un paese più avanzato e quindi competitivo nel panorama globale, la Cina sa bene i rischi del dare in mano a due multinazionali le chiavi della propria economia. Forse alcuni di voi avranno sentito parlare della sparizione di Jack Ma avvenuta a fine 2020 (poi riapparso 3 mesi dopo). Il motivo è da ricercare proprio nel freno che il governo vuole dare alla presenza di aziende private nella propria economia. Il patron di Alibaba stava per lanciare in borsa ANT, il gruppo che possiede Alipay e che si occupa anche di prestiti e carte di credito virtuali. In un anno ha elargito denaro a 500 milioni di persone, un terzo della popolazione cinese. Numeri da capogiro, senza contare l’enorme valore dell’avere informazioni sulle abitudini di consumo di un’utenza così vasta. A questo enorme potere aggiungete che Jack Ma si è inimicato le autorità nazionali, accusandole più volte di rallentare il progresso, e capirete perché l’ascesa in borsa di ANT sia stata bloccata. Come capirete perché il progetto e-yuan sia così importante per la Banca Popolare della Cina.
Proprio la banca centrale sta fortemente spingendo per il debutto dello yuan elettronico, affermando che ciò aiuterà a snellire l’economia nazionale. In realtà, a molti sembra che i vantaggi saranno più per il governo che per le persone, dato che non sembrano esserci vantaggi evidenti rispetto a Alipay e WeChat Pay. Gli addetti ai lavori parlano dello e-yuan come uno strumento per restituire potere alla valuta di stato, ma anche per avere più strumenti di intervento sull’economia. Come evidenzia questo articolo del NY Times, spendere una valuta virtuale può essere incentivato, mettendogli una data di scadenza entro cui spenderla oppure facendone calare il valore più passa il tempo. Insomma, possibilità che con la valuta fisica sono difficilmente attuabili, se non impossibili.
Valute digitali: quando la privacy diventa qualcosa di effimero
Quando si parla di Cina non si può non parlare di monitoraggio della popolazione. Un argomento sempre molto delicato, specialmente quando si fonde a controversie come persecuzioni politiche e giornalistiche. Per non parlare di quelle etniche, come nel caso degli uiguri che la neo-presidenza americana Biden ha già prontamente denunciato. Ma tornando in ambiti più economico-centrici, lo e-yuan garantirebbe alla Cina più strumenti per monitorare l’economia. A partire dalla lotta all’evasione fiscale, fino alla possibilità di sapere ed interpretare i trend economici della propria popolazione. Ma non mancano le preoccupazioni che una valuta digitale come questa possa facilmente diventare l’ennesimo metodo di invasione della privacy. Il governo potrebbe potenzialmente conoscere ed immagazzinare tutte le abitudini d’acquisto dei propri cittadini, soprattutto dei dissidenti.
Come ogni cambiamento così impattante, l’introduzione dello yuan elettronico vive di luci ed ombre. Ma al contrario di Alipay e WeChat Pay, il cui funzionamento in Cina basta e avanza, la valuta cinese dovrà necessariamente interfacciarsi col resto del mondo. In poche parole, se lo e-yuan diventerà la valuta nazionale bisognerà capire come il suo valore sarà rapportato con quelle del resto del mondo. Soprattutto nei confronti del dollaro, storicamente la valuta di riferimento del mercato globale. Soprattutto in un periodo storico in cui Cina e USA sono ai ferri corti.