Quello che doveva essere un trionfale ritorno per uno degli smartwatch più iconici della storia della tecnologia si sta trasformando in una complessa battaglia etica e legale.
Dopo quasi nove anni di silenzio, il marchio Pebble sta vivendo una fase di rinascita, ma l’entusiasmo dei fan è ora smorzato da pesanti accuse mosse contro il fondatore, Eric Migicovsky.
Al centro della disputa c’è Rebble, la community di sviluppatori volontari che ha mantenuto in vita l’ecosistema degli orologi quando l’azienda originale chiuse i battenti nel 2016.
La rinascita di Pebble e il ruolo di Rebble
Nelle scorse settimane, Migicovsky ha condiviso aggiornamenti promettenti riguardo la nuova incarnazione del progetto, ora sotto l’egida di Core Devices. Il fondatore ha rivelato che il 70% delle unità del nuovo Pebble 2 Duo sono già state consegnate, con il resto degli ordini in transito. Contestualmente, è stato rilanciato il Pebble App Store, permettendo ai sostenitori della prima ora di scaricare nuove watchface, app e giochi.
Tuttavia, questo rilancio non sarebbe stato tecnicamente possibile senza Rebble. Quando Pebble fu acquisita e smantellata nel 2016, fu proprio questa community a intervenire per colmare il vuoto. Rebble creò un sistema operativo spin-off non ufficiale (RebbleOS) e mantenne attivo un app store alternativo, salvando di fatto i dispositivi dall’obsolescenza programmata. È proprio questo store non ufficiale a costituire oggi le fondamenta del “nuovo” store lanciato da Core Devices.
Le accuse: richiesta di controllo totale e “Scraping”
La collaborazione tra Core Devices e Rebble, che prevedeva la sincronizzazione automatica delle app tra i due store, sembra essersi irrimediabilmente fratturata. Rebble ha rilasciato dichiarazioni allarmanti, sostenendo che l’accordo verbale iniziale sta “già fallendo“.
Secondo la community, Migicovsky avrebbe preteso la consegna totale di tutto il lavorosvolto nell’ultimo decennio, chiedendo “accesso illimitato” ai dati mantenuti dalla community. L’accusa è che Core Devices intenda utilizzare questo lavoro per costruire un app store privato, rimpiazzando completamente Rebble e creando un ecosistema chiuso basato interamente sulla manodopera gratuita fornita dagli sviluppatori negli anni passati.
Le tensioni sono salite ulteriormente quando, secondo le accuse, Migicovsky avrebbe:
- Preteso che lo store di Rebble venisse messo offline
- Richiesto il reindirizzamento dei domini di Rebble verso il nuovo store proprietario
- Effettuato lo scraping dei server di Rebble senza autorizzazione
Un punto critico della controversia riguarda le garanzie future. Sebbene Migicovsky si sia impegnato verbalmente a non chiudere l’ecosistema, Rebble sostiene che il fondatore si sia rifiutato di mettere queste promesse per iscritto.
Il timore di una seconda morte
La posizione di Rebble è dettata dalla memoria storica. La community sostiene che un ecosistema decentralizzato e senza restrizioni è vitale per la sopravvivenza degli orologi Pebble. Il timore è che, centralizzando nuovamente tutto sotto il controllo di Core Devices, il progetto possa subire lo stesso destino del 2016: una nuova chiusura o un’acquisizione che porterebbe allo spegnimento definitivo dei server.
Al momento, Rebble ha deciso di proteggere i propri asset e ha richiesto un accordo legalmente vincolante a Core Devices prima di condividere ulteriori dati. Sebbene questa situazione di stallo non dovrebbe influenzare le applicazioni già esistenti, potrebbe impedire l’arrivo di nuove app o watchface sullo store ufficiale, lasciando il rilancio di Pebble in una zona d’ombra proprio nel suo momento più critico.
