Spesso, mesi prima del lancio ufficiale, conosciamo già quasi ogni dettaglio dei dispositivi in arrivo. Tuttavia, a volte, un prodotto misterioso emerge nei leak per poi svanire senza mai arrivare sul mercato, lasciando dietro di sé un alone di mistero.
Questo è il caso del nome in codice “needlefish”, un presunto terzo modello di punta della famiglia Pixel 4 che, fino ad ora, era rimasto un enigma. Grazie a nuove foto trapelate e a fonti interne, è stato finalmente possibile ricostruire la storia di quello che sarebbe stato il primo smartphone 5G di Google.
Pixel 4 5G è un dispositivo più unico che raro
Per anni, “needlefish” è stato solo un riferimento vago all’interno del codice dell’app Google Camera, identificato come un flagship della famiglia Pixel 4 e sviluppato probabilmente prima della serie Pixel 4a. Pochi indizi per un mistero durato a lungo.
Ora, nuove immagini svelano un prototipo che, a prima vista, assomiglia in tutto e per tutto a un Pixel 4 XL. Il design è inconfondibile: una cornice superiore pronunciata che ospita la fotocamera frontale, i sensori per lo sblocco facciale a infrarossi e il radar del Project Soli.
Tuttavia, è all’interno che si celano le differenze cruciali. Le foto dei componenti interni mostrano quelli che appaiono essere moduli di antenna mmWave, la tecnologia che abilita le velocità più elevate del 5G, posizionati sul lato destro in alto e lungo la parte inferiore del lato sinistro dello smartphone.
Un altro dettaglio significativo è la batteria, leggermente più capiente di quella del Pixel 4 XL (3800mAh contro 3700mAh), che riporta il presunto numero di modello del dispositivo: G025B.
Ulteriori conferme arrivano dalla schermata di fastboot del prototipo, che non solo rivela un aumento della RAM a 8 GB (rispetto ai 6 GB dei Pixel 4 standard), ma fornisce l’indizio più importante. La versione del modem è indicata come “g55”.
Nel gergo di Google, questo prefisso “g” seguito da un numero identifica il modello dell’hardware del modem. Ad esempio, “g5123” corrisponde al modem Exynos 5123. Il codice “g55” punta inequivocabilmente al modem standalone Snapdragon X55 di Qualcomm, il primo a offrire un supporto maturo e completo per le reti 5G.
Questo significa che “needlefish” era un dispositivo basato sul processore Snapdragon 855 abbinato a un modem 5G esterno, una combinazione hardware molto rara e vista solo su pochissimi altri telefoni.
Se Google aveva tra le mani un Pixel 4 con 5G, perché non lo ha mai venduto?
La risposta risiede nel complesso panorama tecnologico dei primi giorni del 5G. I primi modem, come lo Snapdragon X50, erano piattaforme quasi sperimentali.
Lo Snapdragon X55, lanciato nel 2019, rappresentava il primo vero prodotto maturo, ma aveva un grande svantaggio: era un chip “standalone”, separato dal processore principale (SoC). Questa architettura è intrinsecamente meno efficiente, sia in termini energetici che di spazio, rispetto ai modem integrati direttamente nel SoC.
Contemporaneamente, Qualcomm stava lavorando allo Snapdragon 765, il primo SoC con modem 5G integrato, una soluzione molto più elegante ed efficiente. Tuttavia, lo sviluppo di questo nuovo chip si rivelò complicato, e i campioni funzionanti con il 5G attivo arrivarono ai partner, tra cui Google, con mesi di ritardo.
Per un’azienda come Google, che non aveva ancora esperienza nella progettazione hardware e software per il 5G, questo ritardo rappresentava un enorme svantaggio competitivo.
È qui che si inserisce il progetto “needlefish”. Con ogni probabilità, questo dispositivo non è mai stato destinato alla vendita. Si trattava piuttosto di un banco di prova creato con uno scopo preciso: dare a Google un vantaggio di mesi nello studio delle sfide del 5G.
Modificando un design già esistente e collaudato come quello del Pixel 4 XL e integrandovi il modem X55 (l’unica opzione 5G matura disponibile in quel momento), gli ingegneri di Google hanno potuto iniziare a lavorare sull’integrazione delle antenne mmWave e sullo sviluppo del software necessario, senza dover attendere il problematico Snapdragon 765.
Questa teoria è ulteriormente avvalorata da un ultimo, decisivo dettaglio: la revisione hardware del prototipo è siglata “EVT1.4” (Engineering Validation Test). Solitamente, gli smartphone di Google passano alla fase successiva (DVT – Design Validation Testing) dopo al massimo la revisione EVT1.2.
Un numero di revisione così alto suggerisce che il team ha incontrato notevoli difficoltà, probabilmente legate proprio alla complessità della nuova tecnologia 5G, richiedendo più iterazioni del previsto.
Quindi, “needlefish” era una piattaforma di apprendimento, uno strumento essenziale che è rimasto confinato nei laboratori di Google. Era commercialmente insensato lanciare uno smartphone con Snapdragon 855 quando il più nuovo 865 era già alle porte.
Il suo scopo non era raggiungere gli scaffali, ma spianare la strada ai futuri Pixel 5G, permettendo a Google di acquisire un’esperienza cruciale che si sarebbe rivelata fondamentale per i modelli successivi. Oggi, il mistero è finalmente svelato, offrendoci uno sguardo affascinante sui processi di sviluppo, spesso invisibili, che si nascondono dietro la tecnologia che usiamo ogni giorno.