Strava, la celebre piattaforma social per atleti, ha ritirato volontariamente la causa legale intentata appena poche settimane fa contro il colosso dei dispositivi GPS Garmin.
La notizia, riportata dall’autorevole testata di settore DC Rainmaker, segna una brusca frenata in quella che si preannunciava come una battaglia legale di vasta portata nel mondo del fitness tracking.
Strava ritira la causa contro Garmin, che succede?
Solo alla fine del mese scorso, Strava aveva fatto notizia depositando un’azione legale contro Garmin, accusandola di violazione di alcuni suoi brevetti e di concorrenza sleale attraverso lo sviluppo di prodotti con funzionalità sovrapponibili.
La mossa di Strava era apparsa subito molto aggressiva; l’azienda non si era limitata a chiedere un risarcimento, ma puntava a ottenere restrizioni sulla vendita dei prodotti Garmin che implementavano le funzionalità contestate.
L’azienda aveva inoltre cercato attivamente il supporto pubblico, arrivando persino a utilizzare piattaforme come Reddit per esporre le proprie frustrazioni e motivare la decisione.
Il passo indietro di Strava, tuttavia, appare meno sorprendente se si analizza l’intricata e delicata relazionedi interdipendenza tra le due aziende. Sebbene partner di lunga data, l’azione legale aveva sollevato più di un sopracciglio tra gli analisti del settore.
Strava, infatti, basa il suo intero modello di business sulla raccolta e l’analisi dei dati di attività fisica provenienti da dispositivi indossabili di terze parti. In questo ecosistema, Garmin non è solo un attore ma il protagonista assoluto, produttore di alcuni dei più avanzati, affidabili e diffusi fitness tracker e smartwatch sul mercato nel 2025.
La dipendenza di Strava da Garmin è strategica, quasi vitale. Come sottolineato dallo stesso DC Rainmaker, “i dati di Garmin alimentano porzioni massicce della piattaforma Strava, specialmente dal punto di vista dei percorsi“. L’analista ha rincarato la dose, affermando che “se Garmin decidesse di interrompere tale connessione, ciò segnerebbe quasi immediatamente la fine di Strava“.
È plausibile che questa schiacciante realtà strategica abbia avuto un peso determinante nella ritirata. Le fonti indicano che Garmin “non ha nemmeno battuto ciglio” di fronte alla minaccia legale, apparentemente consapevole della propria insostituibile posizione di forza.
Cosa sia accaduto esattamente dietro le quinte in queste poche settimane non è dato sapere. Le due aziende non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali per spiegare i motivi di un dietrofront così rapido. Il silenzio attuale contrasta fortemente con il rumore mediatico iniziale cercato da Strava.
Questa rapida e silenziosa risoluzione alimenta, inevitabilmente, numerose speculazioni. L’ipotesi più probabile è che Garmin abbia esercitato pressioni decisive, forse minacciando ritorsioni sul piano della condivisione dei dati, costringendo Strava a scegliere tra il proseguimento di una battaglia legale incerta e la sopravvivenza stessa del proprio servizio.
Strava vuole quotarsi in borsa
Un’altra ipotesi, più cinica, lega l’intera vicenda ai piani futuri di Strava. È noto da tempo che l’azienda stia esplorando attivamente la possibilità di una quotazione in borsa (IPO), attualmente prevista per il 2026.
Alcuni osservatori hanno speculato che la causa potesse essere una mossa calcolata per “attirare l’attenzione” sulla società e sul presunto valore della sua proprietà intellettuale, nel tentativo di gonfiare la propria valutazione in vista dell’IPO. Se così fosse, la strategia si sarebbe rivelata un pericoloso boomerang, costringendo l’azienda a una ritirata pubblica che ne indebolisce l’immagine.
Indipendentemente dalle motivazioni, questa frattura, per quanto breve, avrà conseguenze. Anche se la partnership tecnica dovesse continuare, la fiducia tra i due colossi è stata compromessa. È quasi certo che Garmin inizierà a diversificare i propri partner software, cercando attivamente potenziali alternative a Strava per ridurre la propria dipendenza futura.
Dal canto suo, Strava si trova ora a navigare in acque pericolose. L’azienda deve gestire le ricadute di questa mossa fallita proprio nel momento più critico della sua preparazione alla quotazione in borsa.
