Poco dopo lo scoppio del conflitto con l’Ucraina, molte aziende tech si sono più o meno apertamente schierate contro la Russia. Molte compagnie hanno scelto di abbandonare il mercato russo, gettando ombre su quello che sarà il progresso tecnologico della nazione. Si è persino parlato del possibile distacco dalla rete web globale da parte della Russia, nonché della creazione di alternative alle piattaforme americane, come nel caso di Instagram e del Google Play Store. Ma quando si parla di scontro tecnologico, non si può non parlare di come la crisi dei chip stia a sua modo rimarcando i confini geopolitici fra le parti in causa.
Ecco come la Russia è penalizzata dalla lotta alla crisi dei chip fra USA e Cina
Partiamo col dire che la crisi dei semiconduttori è stata penalizzata proprio dal conflitto fra Russia e Ucraina, che ha colpito la filiera delle materie prime necessarie per la costruzione dei chip. In questo scenario, non possiamo non considerare la lotta tecnologica fra USA e Cina, oggi come non mai acuita dalle tensioni politiche fra occidente e oriente. Dopo i blocchi attuati dalla presidenza Trump, in particolare quello contro Huawei, con la presidenza Biden abbiamo visto un acuirsi delle restrizioni a danno della nazione guidata da Xi Jinping. La Cina si sta ritrovando sempre più bloccata dal libero commercio dei semiconduttori, in quanto gli Stati Uniti vogliono impedire che qualsiasi azienda nel mondo venda loro tecnologie basate su brevetti americani.
Oltre a bloccare pesantemente l’industria dei chip cinese, questi blocchi attuati dagli Stati Uniti stanno mettendo a dura prova anche la Russia, che storicamente si è spesso affidata alla Cina per compensare la sua arretratezza tecnologica. Non a caso, poco dopo lo scoppio del conflitto, gli USA hanno fatto pressioni sul colosso cinese dei chip, SMIC, affinché non fornisse chip alla Russia.
Adesso che sono passati otto mesi dall’attacco verso l’Ucraina, si iniziano a tirare le prime somme sugli effetti in Russia della sfida dei chip fra USA e Cina. Come riporta il quotidiano russo Kommersant, il tasso dei chip difettosi inviati dalla Cina alla Russia sarebbe passato dal 2% prima di marzo al 40%. Una crescita importante, che rimarca quanto le sanzioni del fronte NATO starebbero inficiano sull’efficacia del mercato tecnologico orientale. Non avendo più accesso agli importatori stranieri (perlopiù americani) per macchinari, software e progetti in materia di chip, le aziende russe si sarebbero trovate costrette a rivolgersi a fornitori non autorizzati, spesso ottenendo prodotti di qualità inferiore.
Secondo il report del Mercator Institute for China Studies, da marzo a giugno c’è stato un grosso boom del +209% nelle spedizioni verso la Russia da parte di produttori cinesi di semiconduttori. Tuttavia, secondo gli analisti questo aumento dei chip difettosi dimostrerebbe che la Cina non starebbe veramente supportando la Russia: “se Pechino lo avesse fatto, i semiconduttori sarebbero stati probabilmente IL campo in cui avrebbe fornito supporto, e la qualità dei chip russi non ne avrebbe sofferto così tanto“. Il Ministero dell’Industria e del Commercio russo ha risposto alle dichiarazioni di Kommersant, affermando di non avere nessuna informazione in merito ai chip difettosi dalla Cina.