OPPO dice addio ai chip proprietari: colpa della crisi

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OPPO sarebbe potuta diventare l’erede spirituale di Huawei, ma così non sarà: mi riferisco al progetto dei microchip proprietari, a cui la compagnia cinese stava lavorando con piani ambiziosi. Così come Huawei con HiSilicon, infatti, OPPO si è dimostrata una delle pochissime se non l’unica fra le compagnie cinesi di smartphone a realizzarli con successo. Ma arriva dalla Cina la notizia della chiusura della divisione Zeku, che improvvisamente ha deciso di fare dietrofront e porre fine a uno dei progetti che avrebbe potuto renderla più indipendente nella filiera produttiva.

OPPO chiude Zeku, la divisione dedicata alla creazione dei microchip proprietari

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Era il dicembre 2021 quando veniva annunciata il MariSilicon X: per la prima volta, un produttore quale OPPO creò un chip che combinava ISP, cioè il processore che elabora i dati acquisiti dalla fotocamera, e NPU, aggiungendo quindi capacità di intelligenza artificiale. Una primizia, specialmente per una compagnia che fino a quel momento non aveva mai creato un microchip fatto in casa. Un anno dopo fu poi il turno del MariSilicon Y, questa volta non un chip per smartphone bensì per migliorare qualità audio e connettiva delle cuffie TWS.

Tutti i riflettori erano quindi puntati sul terzo microchip previsto, perché questa volta sarebbe dovuto essere il turno del primo System-on-a-Chip OPPO, cioè la prima soluzione proprietaria che avrebbe sostituito quelle Qualcomm o MediaTek a cui è solita affidarsi la maggior parte dei brand in circolazione. Se si escludono Apple e Samsung, tutte le altre compagnie si affidano a chipmaker di terze parti per alimentare i propri dispositivi; l’unica azienda che fa parzialmente eccezione è Xiaomi, che come OPPO ha la gamma Surge che comprende chip dedicati alla gestione di batteria, ricarica e fotocamera. E proprio Xiaomi aveva provato in passato a sostituire Qualcomm e MediaTek con quel Surge S1 che si rivelò un flop a bordo di Xiaomi Mi 5C.

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C’era una certa curiosità attorno a OPPO, quindi, che dopo il fallimento di Xiaomi e il ban di Huawei avrebbe potuto diventare la nuova azienda cinese a tentare di compiere tale traguardo. Ma così non sarà, perché la compagnia ha improvvisamente chiuso la divisione semiconduttori, dando meno di un giorno di preavviso ai dipendenti che hanno reagito con un certo grado di shock. OPPO afferma che l’economia globale e il mercato degli smartphone stiano vivendo un momento di forte incertezza: i numeri di vendita non erano così bassi da oltre 10 anni, e OPPO è una delle compagnie più in crisi in questo periodo, al punto da star valutando l’uscita dall’Europa. E sicuramente non aiuta lo scontro fra USA e Cina, con la nazione asiatica che si sta vedendo pesantemente ridimensionata sullo scacchiere globale dei semiconduttori.

Non ci sarà quindi un SoC firmato OPPO, nonostante soltanto due settimane fa la divisione Zeku stesse cercando dozzine di lavoratori specializzati nel settore dei microchip in uffici sparsi fra Cina, Giappone e Stati Uniti. Zeku contava su circa 3.000 dipendenti, per un progetto che avrebbe coinvolto TSMC e che puntava al Q4 2023 come periodo per l’annuncio del primo SoC OPPO.

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