La Cina banna ChatGPT: quando l’IA diventa troppo scomoda

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Rimarreste stupiti se vi dicessi che ChatGPT è stato bannato in Cina? Probabilmente no, vista la sfilza di siti e servizi online bloccati dal Great Firewall cinese, ed infatti è proprio così che è andata. Già da qualche mese, in rete sono comparse le prime segnalazioni relative al blocco dell’ormai celebre chatbot sulle piattaforme cinesi; l’esempio più evidente è quello di WeChat, che da dicembre ha bloccato tutti quei mini-programmi di terze parti basati su ChatGPT, dato che per Tencent “non rientrano nello scopo” della sua piattaforma.

Scatta il ban di ChatGPT in Cina: risposte troppo scomode, le Big Tech cinesi gongolano

OpenAI AI Text Classifier

In soli 6 giorni, ChatGPT è riuscita ad attirare l’attenzione di 1 milione di utenti: un tempo record, se si considera che Netflix ha impiegato 3,5 anni per fare altrettanto, Facebook 10 mesi e Spotify 5 mesi. Due mesi dopo il suo lancio, il chatbot ha raggiunto quota 100 milioni di utenti, traguardo che Instagram ha tagliato in 30 mesi e TikTok in 9 mesi. Nonostante ciò, alcuni paesi hanno deciso di bannarlo, Cina compresa e il motivo è abbastanza logico. In un paese in cui l’informazione è attentamente controllata dallo stato per non far passare messaggi anti-autorità, il database globale a cui si appoggia ChatGPT rischierebbe di toccare argomenti particolarmente sensibili al governo cinese. Lo stesso è accaduto in passato all’interno della stessa Cina: nel 2014, la divisione asiatica Microsoft creò l’IA Xiaoice, ma pochi anni dopo venne bannata da WeChat e QQ quando ci si accorse che poteva fornire risposte critiche all’operatore del governo.

Per ovviare a ciò, in questi mesi in Cina erano nati servizi alternativi per offrire accesso a ChatGPT, grazie alle API libere di OpenAI su cui chiunque può costruire il proprio software. Molti di questi servizi, però, sono stati bloccati: Yibai Technology, ChatGPTRobot, Shenlan BL e AI Duihua, tutte mini-app WeChat che permettevano agli utenti di accedere liberamente al chatbot (senza numeri esteri o VPN) ma che adesso non sono più accessibili: provando ad accedere a ChatGPTRobot, l’account è stato bloccato per “violazione di leggi e regolamenti pertinenti“. Come riporta Nikkei Asia, Tencent e Alibaba sono stati informati dalle autorità di dover sospendere tutti quei servizi basati sul chatbot di OpenAI.

Nel mentre, l’università cinese di Fudan ha annunciato la creazione di MOSS, il primo rivale cinese di ChatGPT, ma secondo gli stessi sviluppatori c’è ancora tanto da migliorare: “è ancora molto immaturo e ha ancora molta strada da fare prima di raggiungere ChatGPT“. Ma è solo questione di tempo prima che i colossi tecnologi cinesi si muovano in tal senso: in prima linea c’è Baidu, la Google cinese, che sta preparando il debutto della sua IA Ernie, e anche Alibaba e NetEase hanno confermato di star lavorando alle proprie IA generative.

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