Xiaomi vs India: miliardi sequestrati per “colpa” di Qualcomm

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Non molto tempo vi abbiamo parlato del caso Xiaomi India: Manu Kumar Jain, ex CEO dell’azienda nonché attuale VP, è stato indagato per una presunta violazione del Foreign Exchange Management Act (FEMA). Le indagini condotte dall’Enforcement Directorate hanno avuto luogo nelle scorse settimane e hanno portato al sequestro di oltre 720 milioni di dollari.

Aggiornamento 06/11: ci sono nuovi risvolti nella vicenda che vede contrapposte Xiaomi e India. Trovate tutti i dettagli a fine articolo.

Caso Xiaomi India, sequestrati oltre 700 milioni di dollari per violazione della legge

Manu Kumar Jain, ex CEO di Xiaomi India e attuale Global VP, è stato indagato per violazione del Foreign Exchange Management Act. Il caso era correlato a una serie di rimesse estere effettuate da Xiaomi in Cina attraverso un paese terzo, violando, così, le linee guida della RBI. L’Enforcement Directorate che si è occupata del caso ha di recente dichiarato di aver sequestrato ben 725 milioni di dollari (poco meno di settecento milioni di euro al cambio) per violazione della Regola 4 del Foreign Exchange Management Act.

Stando a quanto dichiarato dalla stessa direzione, questa enorme quantità di royalties è stata rimessa – e dunque donata ad altre parti – da Xiaomi Technology India Private Limited su istruzioni della società madre. Dall’altro canto, Xiaomi India ha confermato che le dichiarazioni effettuate dalla direzione e il pagamento delle royalties sono legittimi e veritieri, e si è detta impegnata a lavorare a stretto contatto con le autorità governative al fine di chiarire eventuali malintesi.

Xiaomi India sequestro violazione legge

Ecco la risposta ufficiale di Xiaomi | Aggiornamento 04/05

A distanza di poche ore dall’accaduto arriva anche la risposta ufficiale di Xiaomi, che vi riportiamo integralmente qui sotto.

“In qualità di brand presente nel mercato indiano, tutte le nostre operazioni sono fermamente conformi alle leggi e ai regolamenti locali.

Abbiamo studiato attentamente l’ordine proveniente dalle autorità governative. Crediamo che i nostri pagamenti di royalty e le dichiarazioni alla banca siano tutti legittimi e veritieri. I pagamenti di royalty che Xiaomi India ha effettuato riguardavano le tecnologie concesse in licenza e i diritti di proprietà intellettuale utilizzati nei nostri prodotti in versione indiana. È un accordo commerciale legittimo per Xiaomi India fare tali pagamenti di royalty. Ad ogni modo, ci impegniamo a lavorare a stretto contatto con le autorità governative per chiarire qualsiasi malinteso”.

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Il tribunale indiano revoca il blocco dei beni di Xiaomi | Aggiornamento 06/05

Da Reuters arrivano novità per il caso Xiaomi India, secondo fonti interne della nota testata. Il tribunale indiano avrebbe sospeso il blocco dei 725 milioni di dollari di beni di Xiaomi, avvenuto nei giorni scorsi per sospette violazioni delle leggi sui cambi. Ricordiamo che nei giorni scorsi l’Enforcement Directorate ha sequestrato i beni di Xiaomi Technology India Private Limited, sostenendo di aver scoperto che la società ha trasferito illegalmente fondi a tre entità con sede all’estero sotto forma di royalty, inclusa un’entità del gruppo Xiaomi.

Come abbiamo visto con la successiva risposta della casa di Lei Jun, i pagamenti sarebbero tutti legittimi e veritieri, ed ha presentato ricorso. Giovedì, il tribunale indiano ha sospeso la decisione relativa al blocco; tuttavia sembra che al momento l’ordinanza non sia state ancora resa pubblica. Inoltre mancano commenti sulla vicenda sia da parte di Xiaomi che dall’Enforcement Directorate. Comunque il caso verra discusso il prossimo 12 maggio e sicuramente ne sapremo di più quando arriverà il momento.

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Xiaomi denuncia l’India di violenza fisica | Aggiornamento 09/05

Continua l’aspra diatriba che vede contrapposte Xiaomi e il governo indiano. L’azienda cinese ha accusato le autorità dell’India di aver esercitato violenza fisica per la coercizione dei suoi dirigenti durante l’interrogatorio sulla presunta violazione delle leggi fiscali della nazione. Secondo quanto riportato nell’accusa, il vice-presidente Manu Kumar Jain e il CFO Sameer BS Rao sarebbero stati minacciati di “terribili conseguenze” ai danni delle rispettive famiglie qualora non avessero rilasciato le dichiarazioni richieste entro il 4 maggio. Minacce che comprenderebbero l’arresto, così come danni alla carriera e persino violenza fisica. I dirigenti Xiaomi avrebbero resistito per qualche tempo, la tali pressioni e abusi li avrebbero spinti a desistere e dichiarare quanto richiesto.

Non è mancata la risposta da parte dell’Enforcement Directorate dell’India, affermando che le accuse sono “false e prive di fondamento” e che i due dirigenti hanno deposto volontariamente e in un ambiente favorevole. Essendo un’agenzia dalla forte etica lavorativa, non avrebbe esercitato alcuna coercizione o minaccia.

Altri milioni sequestrati a Xiaomi | Aggiornamento 17/05

Non accenna a placarsi la diatriba accesasi fra Xiaomi e l’India, con il governo indiano che ha deciso di far abbattere un’altra brutta tegola contro l’azienda cinese. Nella scorsa settimana, infatti, i funzionari fiscali hanno congelato altri 478 milioni di dollari depositati sui conti bancari locali di Xiaomi. Una somma che va ad aggiungersi alla precedente sanzione, per un totale di oltre 1,2 miliardi di dollari, praticamente il 38% dei profitti globali di tutto il 2021. Il motivo rimane sostanzialmente il solito, cioè la presunta violazione delle leggi fiscali dell’India, in questo caso mediante l’acquisto di smartphone a costi gonfiati, in modo da venderli, registrare un profitto inferiore e pagare meno tasse.

Xiaomi si pronuncia sullo scontro con l’India | Aggiornamento 03/10

A mesi di distanza delle ultime vicissitudini, Xiaomi torna a pronunciarsi sulla sua situazione in India, definendosi “delusa” dal comportamento delle autorità indiane. L’India afferma che i 682 milioni di dollari sono stati congelati in seguito all’accusa di evasione fiscale tramite pagamenti verso l’estero; di questi milioni, Xiaomi afferma invece che l‘84% erano pagamenti di royalties nei confronti del chipmaker americano Qualcomm, con cui ha un accordo regolare che prevede questi pagamenti. L’azienda cinese ha dichiarato che continuerà a proteggere gli interessi suoi e degli azionisti, perciò ci aspettiamo che la vicenda vada avanti ancora a lungo.

Coinvolta anche Deutsche Bank | Aggiornamento 06/11

Continuano a spuntare dettagli sulla vicenda giudiziaria che vede scontrarsi Xiaomi e le autorità dell’India. A seguito delle indagini effettuate, gli investigatori indiani affermano che Xiaomi avrebbe truffato per anni Deutsche Bank in merito alla cooperazione con Qualcomm. La compagnia cinese avrebbe sostenuto per lungo tempo di avere un accordo legale che regolava il pagamento delle royalties oggetto della causa; Xiaomi India avrebbe negato alla banca di vedere questi documenti per motivi di riservatezza, quando in realtà il motivo era la loro inesistenza. A confermarlo sono stati gli stessi CFO e AD di Xiaomi India, Sameer BS Rao e Manu Kumar Jain, specificando che le royalties venivano pagate in base alle indicazioni ricevute dalla casa madre cinese. E secondo le autorità indiane, “questo mostra l’intenzione di rimettere i soldi fuori dall’India secondo i capricci e le fantasie del genitore cinese“. Tuttavia, Xiaomi India risponde affermando che, non essendo parte della catena di produzione ma soltanto rivenditrice, non ha voce in capitolo nella gestione delle royalties.

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