Recensione Google Pixel 6a: è lui il compatto da comprare sotto i 500 euro?

Ci sono due cose che a mio parere mancano al nuovo Google Pixel 6a anzi, tre. E se due sono sdi tipo hardware, la terza riguarda le tempistiche. Come al solito, quelli di Google hanno sbagliato i tempi, ritardando un po’ troppo l’arrivo nel mercato del nuovo piccolino della famiglia ed aprendo le vendite quasi in concomitanza con il Nothing Phone (1), indubbiamente lo smartphone del momento su cui praticamente tutti i riflettori sono puntati.

Ma lasciatemelo dire, soprattutto in offerta per i preordini ad un prezzo di 459,00 euro (con Pixel Buds A in omaggio), a mio parere non c’è proprio partita tra il Google Pixel 6a ed il Nothing perché, a meno che non si sia amanti dei LED e li si voglia avere anche sul bidet, c’è poco da fare: Google Pixel 6a è lo smartphone compatto da acquistare, ed è praticamente l’unico nel calderone dei megio-gamma ad essere dotato di un SoC da top che fa davvero la differenza. Ha gli stessi sensori fotografici del Pixel 3, direte. E avete ragione, ma sono proprio le foto scattate con questi sensori datati a dimostrare quanto, se si vuole, si può spremere un hardware “vecchio” e renderlo competitivo anche dopo anni.

Inutile dire poi che rispetto al Nothing, lo smartphone di Google gode di tutta l’assistenza del mondo e riceverà aggiornamenti software per almeno 5 anni, tutti punti un po’ astratti per il Nothing Phone (1). Insomma, mancano alcune cose al Google Pixel 6a, ma nonostante questo è in assoluto il compatto da comprare.

Recensione Google Pixel 6a: è il migliore smartphone Android compatto

Design e materiali

Il Google Pixel 6a non eredita dagli altri Pixel solo il processore, ma tutta la linea di design che l’azienda ha introdotto con la serie 6. Il design è pulito, le colorazioni sono tipicamente in stile Google, e continua ad avere il camera bump orizzontale che, però, in questo modello è più piccolo. E che lo si ami o lo si odi (io sono tra quelli che lo apprezzano), questa riduzione in spessore è sostanzialmente dovuta a due cose: l’utilizzo di sensori fotografici un po’ datati, e l’assenza dei sensore anti-flicker ed il laser per l’autofocus. Insomma, nel camera bump ci sono solo due fotocamere ed il flash.

Tutta la zona anteriore è occupata da un pannello OLED di Samsung da 6.1”, in cui sono dell’idea che Google avrebbe potuto fare qualcosa in più sull’ottimizzazione delle cornici o, quantomeno, per renderle simmetriche, mentre la zona posteriore è realizzata di un materiale di ottima qualità che è in grado di eliminare l’immediata sensazione che non sia in vetro.

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In realtà, la plastica con cui è realizzata la back cover del Google Pixel 6a è una delle migliori viste in questa fascia di prezzo e lo smartphone trasmette una sensazione premium appena lo si impugna, nonostante sia decisamente leggero: pesa solo 178 grammi, ed è estremamente comodo sia da impugnare sia da tenere in tasca. Insomma, ad oggi sono dell’idea che sia il miglior compromesso tra i modelli super-compatti e gli smartphone enormi che tutti sembrano tanto amare (tranne me).

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Gli speaker sono due, ma viene utilizzata la capsula auricolare per riprodurre l’audio stereofonico, e la cornice laterale è praticamente la stessa che abbiamo visto nel Pixel 6 che, ricordiamolo, ormai si trova ad uno street price di circa 530 euro (su Amazon), è più grande ed integra diverse features in più.

Display

Parlando di schermo, arrivo subito al punto: ricordate che ho esordito dicendo che Google Pixel 6a mancano un paio di cose per me molto importanti? Bene, una di queste è una frequenza d’aggiornamento più spinta. Perché se da un lato il pannello OLED di Samsung garantisce immagini di qualità, ben bilanciate, con neri profondi e colori saturati, dall’altra il fatto che sia fisso ad una frequenza di aggiornamento di 60 Hz sicuramente farà storcere il naso a molti, me compreso.

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Perché, vedete, ormai il Samsung Galaxy A53 si trova su Amazon in sconto a circa 320 euro (clicca qui per l’offerta) ed è dotato di un ottimo display SuperAmoled 1080p in grado di arrivare addirittura a 120 Hz. Insomma, se Google avesse pensato di integrare un pannello in grado di arrivare almeno a 90 Hz, con la compattezza e le rifiniture del Google Pixel 6a avrebbe davvero fatto centro.

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Fortunatamente una buona novità ora c’è: i problemi relativi al sensore di luminosità che abbiamo riscontrato negli altri due Pixel 6 sono stati totalmente risolti, ed ora la gestione della retroilluminazione è molto più fluida nel passaggio da ambienti illuminati ad ambienti bui e viceversa.

Hardware e prestazioni

Vero è però, che Samsung con il suo A53 ha dato molta importanza alle caratteristiche “superficiali”, tipo puntando molto sullo schermo, lasciando in secondo piano l’hardware e le prestazioni, utilizzando un processore non scattante come il Tensor. Insomma, l’alternativa Samsung al Google Pixel 6a sarebbe più da considerare come uno smartphone economico con poche componenti di fascia alta, mentre il neo arrivato da Mountain View tutto l’opposto. E questo influisce molto anche la longevità dei due smartphone: con il Google Pixel 6a potrete andare avanti anche per 5 anni, mentre con la vita di un Samsung A53 sarebbe molto più limitata.

Assieme al Tensor, il Google Pixel 6a è dotato di 128 Gb di memoria interna, che è veloce ma non velocissima, e di 2 GB di RAM in meno rispetto agli altri due componenti della serie. I suoi 6 GB di RAM sono più che sufficienti per eseguire la stragrande maggioranza dei task più comuni, ma iniziano a diventare un po’ pochetti quando si spinge lo smartphone al massimo delle sue capacità. Il sistema è comunque reattivo e la gestione dell’esecuzione delle applicazioni in background è decente, proprio perché il Tensor gestisce la memoria in un modo tutto suo.

Insomma, nonostante la RAM meno generosa, il SoC di Google fa decisamente la differenza nella fascia di prezzo in cui si inserisce lo smartphone. Ma, lo sappiamo, questo processore ha anche un lato oscuro: le temperature. Lo abbiamo visto nel gli altri Pixel 6, e lo ritroviamo anche nel piccolino della famiglia: il SoC di Google tende a scaldarsi meno rispetto alla concorrenza, ma soffre un po’ di throtteling.

Nello stress test di AnTuTu, il Google Pixel 6a è uno dei pochissimi smartphone a non aver superato i 38 gradi di temperatura, e questo è un ottimo risultato, e in sostanza è così perché dopo circa 5 minuti di test, la frequenza dei core e le prestazioni generali della CPU sono state “frenate” al 60%. Per farla breve, avrei preferito una gestione del SoC meno conservativa da parte di Google, vero è però che nella vita di tutti i giorni è davvero difficile incappare in qualche rallentamento del sistema, il che sottolinea l’ottimo lavoro di ottimizzazione fatto dall’azienda.

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Buono l’audio in capsula, così come la connessione alla rete cellulare, niente male anche la qualità dell’audio stereofonico che è tutto sommato molto prossima a quella del Pixel 6 Pro, ma con un volume di riproduzione forse troppo basso: sia quando si guardano contenuti multimediali, sia quando si ascolta un messaggio vocale, mi sarebbe piaciuto avere qualche dB in più.

Il sensore per le impronte digitali però, non mi ha convinto. Continua ad essere di tipo ottico, ma nonostante pare che l’azienda ne abbia utilizzato uno diverso rispetto al criticatissimo sensore utilizzato negli altri due smartphone della serie, continua ad essere piuttosto lento. Peccato.

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In quanto a certificazione IP, poi, c’è un altro passo indietro rispetto agli altri due Pixel 6. A differenza di Pixel 6 e Pixel 6 Pro che sono IP 68, Google Pixel 6a si mette in linea con tutti gli altri smartphone della fascia di prezzo, ed è certificato IP67. Inoltre, per la prima volta, con il Google Pixel 6a scompare anche l’ingresso per il jack delle cuffie, che era diventato un redivivo nella serie A.

Fotocamera

Per come la vedo io, poi, quello delle fotocamere è uno dei comparti più simbolici di questo Google Pixel 6a. E lo è per un motivo ben preciso: il sensore utilizzato nella fotocamera principale è un Sony IMX363 con OIS, un modello del 2016 utilizzato dal brand sin dal Pixel 3, che però è come se avesse trovato nuova vita grazie al Tensor. E sì, lo so, utilizzare un sensore così datato potrebbe sicuramente essere un demerito quando si va a considerare il prezzo di vendita, ma se si guardano poi le prestazioni fotografiche ci si rende conto della bravura di Google in quanto a fotografia computazionale. Insomma, mai come in questo Google Pixel 6a, il brand ha dimostrato che si possono ottenere ottimi risultati anche sfruttando al massimo componenti già conosciute, evitando di pompare la scheda tecnica con le ultime novità tecnologiche che, generalmente, sono sempre da affinare.

Ma veniamo ora alla qualità delle foto. A differenza di quanto ho notato negli altri due Pixel, che utilizzano un sensore principale da 50 megapixel in pixel binning e lo stesso idendico sensore del 6a nell’ultra-wide, ciò che mi è piaciuto di più del piccolo di casa Google è l’uniformità dei colori tra le due fotocamere. In condizioni di buona luminosità con entrambe le ottiche ho notato comportamenti molto uniformi, e gli scatti sono sempre molto naturali anche quando si attiva la funzionalità HDR che è automatica (non si può disattivare) ma non è per niente invasiva.

Con molta luce, l’unico momento in cui la fotocamera del Google Pixel 6a potrebbe avere qualche problemino è in condizione di forti controluce, ed è così anche per l’ultra grandangolare che mi sarebbe piaciuta in grado di recuperare qualche punto in più in quanto a gestione della gamma dinamica. Rispetto alle lenti di Pixel 6 e Pixel 6 Pro, quella della camera principale del Pixel 6a soffre molto meno di diffrazione lungo i bordi e, sempre grazie al Tensor, poi, Google Pixel 6a può anche scattare foto in RAW.

Anche con gli scatti notturni Google Pixel 6a è una certezza, e può addirittura fare astrofotografia, nonostante il sensore datato. Ciò che si perde quando si scatta di notte però, è la continuità tra le due ottiche. Nella stragrande maggioranza delle situazioni, è sempre il sensore principale (cioè quello del 2016) ad avere la meglio, ma anche se l’ultra-wide sembra soffrire un po’ di più al buio, i risultati mi sono sembrati leggermente migliori rispetto a quelli che no notato con gli altri Pixel 6. Insomma, nonostante la questione sensore, anche gli scatti notturni danno un’immediato senso di soddisfazione quando vengono scattati.

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Ed è proprio grazie al Tensor, che anche sul Google Pixel 6a si potranno utilizzare tutte le funzionalità avanzate che tanto ci sono piaciute sui suoi fratelli minori. Oltre agli scatti praticamente immediati, sul piccolo di casa Google è possibile sfruttare la Gomma Magica, modificare il cielo o creare un effetto sfocatura anche su foto scattate in modalità tradizionale. E lo si può fare anche su foto non necessariamente scattate con lo smartphone.

Senza lode e senza infamia la frontale, niente male anche i video che possono essere registrati alla risoluzione massima 4K a 60 fps e che godono di tutte le tecnologie di stabilizzazione avanzata che abbiamo visto negli altri componenti della serie. Tutto sommato si tratta di buoni video, in cui l’OIS della principale si fa comunque sentire, ma che godono di un’ottima stabilizzazione elettronica che va in difficoltà solo nei pan orizzontali veloci.

Software

Per quanto riguarda il software invece, c’è ben poco da dire. Google Pixel 6a è animato da Android 12, ma può essere già aggiornato alla beta di Android 13. I Pixel sono per antonomasia gli smartphone che prima ricevono le nuove versioni degli OS di Google, e con il piccolino della famiglia le cose non cambiano. L’esperienza utente poi è quella che io preferisco.

Ok, posso capire che non a tutti piacerà il Material You, ma è indubbio che l’interfaccia dei Pixel sia quella più pulita, ordinata, “burrosa” dell’intero panorama di Android. Anche nel Google Pixel 6a sono integrate tutte le funzioni AI derivanti dal Tensor, come la batteria adattiva, ed anche in questo modello è possibile sfruttare il filtro delle chiamate: in soldoni, se uno scocciatore ci chiama, lo smartphone potrà rispondere in maniera del tutto autonoma parlando con l’interlocutore tramite il motore vocale di Google, e si potrà rispondere anche tramite dei messaggi di testo, che l’assistente leggerà per noi.

Ciò che manca nella GUI del Google Pixel 6a è il menu per le foto in movimento, cioè quell’effetto panning con il quale si può tenere fermo il soggetto della foto in movimento, spostando invece lo sfondo. E a questo punto mi chiedo: è un limite che deriva dal sensore utilizzato, oppure è una feature che verrà aggiunta con qualche software update?

La buona notizia però sta nel fatto che l’azienda assicura che anche il Google Pixel 6a sarà aggiornato per almeno i prossimi 5 anni, il che aumenta sensibilmente la longevità del dispositivo.

Autonomia della batteria

La batteria del Google Pixel 6a è una 4410 mAh che sì, non fanno gridare al miracolo, ma che mi hanno permesso di superare la soglia delle 6 ore e 40 minuti di display acceso anche con un utilizzo piuttosto intenso ed in giornate particolarmente calde. Quindi niente male.

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E ricordate la seconda delle mancanze di cui ho parlato all’inizio? Sta nella ricarica. Ok, la ricarica a 18 watt del Google Pixel 6a è decisamente deludente e richiederà oltre i 90 minuti per una ricarica completa, ma è una cosa che potrei accettare. Ciò di cui sento davvero la mancanza è la ricarica wireless: Google Pixel 6a non ne è dotato, e per persone come me che in soldoni utilizzano perlopiù questo tipo di tecnologia, è un’assenza piuttosto tangibile.

Prezzo e considerazioni

Il prezzo di vendita del Google Pixel 6a è di 558 euro, anche su Amazon, ma è già disponibile in sconto a 459,00 euro con un paio di Pixel Buds A in omaggio. Ed è un posizionamento ottimo, che mi ha fatto pensare quanto la strada intrapresa da Google negli ultimi tempi abbia un senso. In soldoni, il Google Pixel 6a è uno smartphone top di gamma, in cui sono state eliminate alcune funzionalità, in grado di fare tutto ciò che gli si chiede maledettamente bene.

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Meglio un Samsung Galaxy A52? Meglio un Nothing Phone (1)? Sono sincero, per me la risposta è no. Ma se quelli di Google avessero utilizzato un display almeno a 90 Hz ed avessero integrato la ricarica wireless avrebbero fatto davvero centro: con queste dimensioni compatte, avrebbero probabilmente prodotto lo smartphone perfetto per le mie esigenze.



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