Cara Xiaomi, è tempo che i Redmi Note abbiano due major update di Android

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Non dovrebbe mancare molto all’esordio di Redmi Note 10 (nel momento in cui sto scrivendo), di cui si vocifera già da qualche settimana. Ma c’è un’altra notizia che ha turbato non poco i fan della community Xiaomi, in particolar modo coloro che posseggono Redmi Note 8 e Note 7. Nonostante le speranze riposte, l’aggiornamento ad Android 11 non arriverà. E se prima era solo un’ipotesi, adesso è stato confermato direttamente dai moderatori del forum Xiaomi. Possiamo capire lo scorno degli utenti, ma – ahimè – non c’è alcuna anomalia: Xiaomi ha sempre riservato questo “trattamento” agli smartphone della serie Redmi Note, portando su di essi un unico major update. Ma forse sarebbe il caso di rivedere questa strategia: ne va anche del futuro dello stesso Android.

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La serie Redmi Note ha bisogno di almeno due major update

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Il punto debole di Android? La frammentazione

Nell’eterna (e futile) lotta fra Android ed iOS, un’argomentazione che viene sempre portata sul tavolo a favore di Apple è la frammentazione. Al mondo si contano qualcosa come 700 milioni di iPhone, ma con una varietà dei modelli che si conta sulle dita di due mani. Non si può dire affatto lo stesso per gli smartphone Android: non solo nel mondo ce ne sono oltre 2 miliardi, ma con un’estrema varietà nei modelli. Aggiungiamoci il fatto che i produttori Android sfornano ogni anno un quantitativo di modelli smodato ed ecco a voi la frammentazione.

Fino ad oggi, nel 2020 Xiaomi ha lanciato qualcosa come 33 modelli, più o meno differenti fra loro, se si sommano anche i telefoni Redmi, POCO e Black Shark. E non tralasciamo il fatto che molti utenti possiedono ancora un modello del 2019, del 2018 se non ancora più vecchio. Probabilmente c’è qualcuno fra di voi lettori che sta utilizzando un Redmi Note 4, uno Xiaomi Mi 6 o un Mi MIX 2. Inutile dire che non va tanto meglio agli altri produttori: tolta OnePlus, nel 2020 Huawei e Honor ne hanno lanciati 48 (!), Samsung 42, Vivo 27 ed OPPO 25.

Grazie ai dati forniti da AndroidDistribution.io, possiamo sapere quale sia lo stato della distribuzione Android. Prendendo tutti gli smartphone Android in circolazione, quanti pensiate abbiano Android 10? Se avete pensato “il 50%“, purtroppo siete fuori strada e nemmeno di poco.

  1. Android 9 Pie: 31,30%
  2. Android 8 Oreo: 21,30%
  3. Android 7 Nougat: 12,90%
  4. Android 6 Marshmallow: 11,20%
  5. Android 5 Lollipop: 9,20%
  6. Android 10: 8,20%

distribuzione android

Avete letto bene: la percentuale di smartphone con Android 10 nel mondo sta sotto persino ad Android 5 Lollipop, la versione dell’OS Google – tenetevi forte – del 2014. Essendo dati che risalgono ad aprile 2020, sicuramente oggi le percentuali saranno salite in favore di Android 10, ma non maniera così influente. Anche perché il Covid-19 ha dato una bella mazzata al mercato degli smartphone in tutto il mondo, persino in Cina.

D’altronde, lo sapete bene: per ogni tech addicted sul pianeta ci sono migliaia di padri, madri, zii e nonne che hanno in tasca uno smartphone Android comprato in una catena di elettronica anni fa a 150€. Esatto, quello smartphone che ad ogni cena di Natale vi viene passato in mano, chiedendovi perché sia diventato lento e perchè WhatsApp non funzioni più. Per poi sbloccarlo e scoprire la home piena di widget di dubbio gusto e di app installate per “accelerare” la memoria del telefono.

Ma in tutto ciò, che ruolo ha Xiaomi?

Redmi Note: da grandi numeri derivano grandi responsabilità (cit.)

Per chi non lo sapesse già, la serie Redmi Note è fra le più vendute nella storia moderna degli smartphone. Ad inizio 2020 si contavano 110 milioni di unità vendute, un traguardo a dir poco clamoroso se si pensa che Xiaomi esiste soltanto dal 2010. Non solo: il primo Redmi Note risale al 2014, per di più fino al 2018 la serie è stata venduta solamente in Asia. È infatti con Redmi Note 5 che il marchio ha debuttato in occidente, espandendosi a macchia d’olio soprattutto in Europa.

We are proud to say that over 110 million people have joined the Redmi Note family worldwide!🎉 Are you a part of this global family too? #NoMiWithoutYou #TheLegendContinues

Gepostet von Xiaomi am Freitag, 13. März 2020

Più passa il tempo, più Xiaomi si sta consolidando come una realtà concreta, non più relegata al mondo degli smanettoni, abituati ad importare dalla Cina gli smartphone più convenienti. Basti pensare che fra i 10 smartphone più venduti al mondo nel Q1 2020 troviamo ben tre modelli: Redmi Note 8, 8T e 8 Pro. E questo prendendo in esame l’intero mercato, dagli smartphone da 100€ fino a quelli più costosi che superano i 1000€. Se si restringe l’analisi alla sola categoria dei mid-range, ecco che Xiaomi sale di graduatoria. Soltanto nella prima metà del 2020, il duo Redmi Note 8 e 8 Pro ha venduto più di 21 milioni di unità, mentre nello stesso periodo del 2019 la serie Redmi Note 7 segnava 10 milioni.

vendite smartphone 2020 2019

Insomma, il punto lo avete capito: la serie Redmi Note ha un influenza sul mercato Android che non può essere sottovalutata. Per molti simboleggia una sicurezza, lo smartphone da acquistare e da consigliare nella tipica fascia di prezzo attorno ai 100/200€, un po’ come accadeva anni fa con Moto G. Ne consegue un aumento delle quote di mercato, arrivando a posizionarsi in quinta posizione dietro ad Apple (in costante calo), Samsung ed una Huawei che, per quanto continui a crescere, rischia seriamente di essere estromessa dal mercato europeo.

quote di mercato smartphone q2 2020

Gli aggiornamenti potrebbero essere la chiave per battere Huawei

Ed è proprio il miglioramento della politica degli aggiornamenti che potrebbe sancire la vincitrice definitiva nella rivalità fra Xiaomi e Huawei. Sì, perché è alquanto probabile che fra i milioni di smartphone ancora fermi alle vecchie versioni di Android ci siano proprio diversi modelli targati Huawei. Se l’azienda di Ren Zhengfei ha riscosso un tale successo è anche “merito” dell’aver inondato gli scaffali dei negozi di elettronica di multipli telefoni a basso costo. Purtroppo Huawei non è fra le aziende più virtuose quando si parla di aggiornamenti, specialmente nelle fasce medio/basse. Qualche esempio?

  • 2019 – Huawei P30 Lite: uscito con Android 9 Pie, si fermerà ad Android 10
  • 2018 – Huawei P20 Lite: uscito con Android 8 Oreo, si è fermato ad Android 9 Pie
  • 2017 – Huawei P10 Lite: uscito con Android 7 Nougat, si è fermato ad Android 8 Oreo

Come Xiaomi, anche Huawei porta un solo major update sui propri mid-range di punta. Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda dei punti di vista), Huawei ha dalla sua ancor più modelli di fascia medio/bassa in vendita, molti dei quali nascono e muoiono con la stessa versione di Android.

oppo huawei xiaomi vivo apple

Occhio a Realme (e a Samsung)!

Se da un lato la gestione degli aggiornamenti potrebbe comportare un vantaggio per Xiaomi, al contempo il lasciare invariata la politica attuale potrebbe significare una perdita di terreno. Perché per una Huawei che crolla nelle classifiche ci sono realtà, nuove e non, che sono pronte ad approfittarne.

realme meme

Una su tutte Realme, sub-brand di OPPO che in poco tempo si è prontamente distaccata dalla ColorOS per creare la propria Realme UI (per quanto l’ispirazione rimanga). È una società che nasce in Asia ma che vuole piacere all’occidente, come dimostra il “sapore stock” del suo software. Cosa che non si può dire per Xiaomi e Huawei, i cui software sono pesantemente personalizzati. Non che sia un male, anzi, MIUI ed EMUI hanno tante features anche molto utili, ma più una UI è proprietaria più sarà difficile aggiornarla. Anche perché ogni modello ha bisogno di una versione della UI cucita su di esso, pertanto capirete bene che il tutto finisce per complicarsi ulteriormente.

E tanto di cappello nello scoprire che la Realme UI 2.0 sarà esclusivamente basata su Android 11, superando a piè pari l’attuale Android 10. Riprendendo la roadmap ufficiale, ne consegue che modelli come il mid-range Realme 3 Pro, uscito nel 2019 con Android 9 Pie, avrà il suo aggiornamento ad Android 11.

samsung ceo

Ad essersi accorta di dover cambiare politica degli aggiornamenti è stata anche Samsung, un’altra azienda che ha inondato il mercato di smartphone e che ha ulteriormente rallentato la distribuzione di Android. Negli ultimi anni, però, l’azienda si è data da fare per migliorarsi, passando da un’imperfetta TouchWiz ad una più che apprezzabile One UI. Una volta migliorata la propria UI, Samsung è passata ad occuparsi della politica degli aggiornamenti di Android.

Pochi giorni fa è stato annunciato un importante cambiamento: da adesso molti smartphone saranno supportati con tre major update di Android. E non soltanto i top di gamma, ma anche e soprattutto la fascia media, compreso un modello come Samsung Galaxy A51 che viene venduto a circa 200/250€. Ci sono vari “perché” per i quali Samsung ha deciso di fare questo passo, ma quello principale è sicuramente la concorrenza. Specialmente da quando la coreana deve avere a che fare con la ormai diretta rivale OnePlus, una delle società più virtuose in materia di aggiornamenti.

Xiaomi (e non solo) sta lavorando per migliorarsi

Vogliamo chiudere questa disanima con uno spiraglio di ottimismo nei confronti di Xiaomi. Sia con l’avvento di Android 10 che soprattutto con quello di Android 11, il produttore si sta dimostrando ancora più reattivo del passato nell’abbracciare le ultime versioni del firmware. Grazie al lavoro a stretto contatto con Google, è riuscita a portare Android 11 su Xiaomi Mi 10, Mi 10 Pro e Redmi K30 Pro. Ciò ci fa ben sperare per il futuro, ma è nella fascia media, quella più venduta, che vorremmo vedere grossi cambiamenti.

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