Huawei si mette al riparo creando una riserva di SoC per 2 anni

huawei chip usa

Inizialmente sembrava che il ban USA avesse colpito duramente Huawei esclusivamente sotto il profilo software. Dopo il suo inserimento nella Entity List, l’azienda si è ritrovata esclusa dall’ecosistema Google, ritrovandosi a dover giocoforza fare affidamento su sé stessa. La verità è che la società ha dimostrato di poter andare avanti per la propria strada, pur con diverse difficoltà e con un’immagine mediatica parzialmente compromessa. Dal misfatto è passato più di un anno e gli USA sono passati al contrattacco, stringendo le morse e tirando in mezzo anche TSMC. Una mossa che ha complicato ulteriormente le cose, dato che Huawei si trovata tagliata fuori dalla filiera produttiva globale.

Volendo fare un rapido riassunto, da oggi TSMC non può più prendere ordini da Huawei. Il chipmaker taiwanese è il fulcro della produzione di chipset di tutto il mondo: da esso passano marchi quali Apple, AMD, Broadcom, NVIDIA e Qualcomm, per citare i nomi principali. Se si esclude TSMC, è impresa ardua trovare un’alternativa che sia in grado di proporre lo stesso livello di produttività. Huawei sta passando al vaglio tutte le varie opzioni, principalmente MediaTek e Samsung: con la prima già collabora da tempo, con la seconda sarà più difficile, essendo una sua diretta rivale. Altre due opzioni sono UNISOC (all’epoca Spreadtrum) e SMIC, realtà cinesi e quindi più di facile accesso, ma con una caratura ed una qualità produttiva ben inferiore.

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Huawei ha messo da parte una quantità di chip che copra almeno 2 anni

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Nel frattempo, Huawei e TSMC stanno cercando degli escamotage per tamponare laddove sia possibile. Il ban USA è già attivo, ma le due aziende stanno continuando ad operare, in quanto il divieto riguarda gli ordini futuri e non quelli ancora in corso. Come prevedibile, Huawei ha chiesto di realizzare un altissimo quantitativo di chipset, mettendo in difficoltà il chipmaker causa congestione dei processi produttivi. Si era ipotizzato che le aziende coinvolte si venissero incontro, mettendo da parte altri ordini per far spazio a Huawei.

Proprio per questo il report di Nikkei fa presente come Huawei Technologies sia riuscita a mettere da parte un quantitativo di chip tali da essere a posto per 2 anni. Anche se si sottolinea come questa riserva hardware riguardi principalmente i processori server realizzati da parte di Intel e Xilinx. Sono componenti chiave per i loro prodotti di stampo infrastrutturale e telecomunicatavi, come le stazioni 5G che vende in tutto il mondo e le piattaforme cloud.

Soltanto nel 2019 Huawei ha speso qualcosa come 23.45 miliardi di dollari in scorte di componentistica, con un aumento del +73% rispetto al 2018. Anche se il blocco è partito ufficialmente adesso, già lo scorso anno la società aveva “annusato” la situazione e aveva iniziato a mettersi al riparo. Oltre ai chipset, le scorte riguardano parti quali memorie NAND e DRAM di Samsung, SK Hynix, Micron e Kioxia.

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