Black Shark 3 Pro è stranissimo (e difficile) da smontare

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Il settore degli smartphone da gaming si sta facendo piuttosto agguerrito, come dimostra il lancio dell’ultimo Black Shark 3 Pro. A differenza dei tentativi di Razer, la divisione di Xiaomi si sta rivelando apprezzata dagli appassionati, come dimostrano i primi dati di vendita. Per questo JerryRigEverything ha deciso di analizzarlo a modo suo, ovvero svolgendo il suo fatidico test di resistenza. Un test che ha avuto come soggetto non soltanto il telefono in sé, ma anche gli accessori a corredo.

Aggiornamento 01/04: dopo il test di resistenza, arriva anche il teardown di Zach. Trovate tutto a fine articolo.

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JerryRigEverything mette a dura prova la resistenza di Black Shark 3 Pro

Sì, perché Black Shark 3 Pro arriva sul mercato con una ventolina di raffreddamento incaricata di tenere a bada le temperature, toccando minimi prossimi agli 0° C. Ciò è possibile grazie alla ventolina RGB ad alti RPM, assieme ad una heatpipe in rame, un radiatore metallico dotata di pasta termica ed un sensore che comunica con lo smartphone. Ma non finisce qui: al suo interno c’è anche un dissipatore elettrico, incaricato di spostare il calore in eccesso.

Per quanto riguarda il Black Shark 3 Pro stesso, ha superato a pieni voti tutti i test di rito, a partire dalla capacità di resistere ai graffi del display. Davanti ci sono due griglie che coprono gli speaker stereo, in plastica ma praticamente impossibili da rimuovere. Il frame è in metallo e reagisce come tale, compreso lo slider ma non i tasti dedicati al gaming, anch’essi in plastica.

Da notare che il retro è sì in vetro ma con texture zigrinata, in modo da risultare meno scivoloso mentre lo si impugna. Fanno eccezione le bande metalliche, che rendono il tutto più techiesci-fi. Inutile dirlo, la grossa scocca di Black Shark 3 Pro, dallo spesso di 10.1 mm e dal peso di 253 g, non si spiega e non si spezza.

Aggiornamento 01/04

Era soltanto questione di giorni prima che JerryRigEverything facesse a pezzi anche Black Shark 3 Pro. Anche perché si tratta di uno smartphone differente dalla media, con una back cover in vetro che non è come tutti gli altri. Black Shark ha ben pensato di usare un design atipico, con una sezione in vetro centrale affiancata da due parti metalliche accanto alle quali ci sono due ulteriori porzioni in vetro.

Una volta smontato, la prima cosa che si vede non è la batteria, bensì il complesso sistema sul quale poggia la scheda madre. Una volta estratta la parte superiore, sotto ad essa si celano le vistose heatpipes in rame, utili a dissipare il calore generato dallo Snapdragon 865. Il problema di assemblare un telefono del genere è la riparabilità, dato che per avere accesso alla batteria è necessario smontare il display. Un gioco per niente da ragazzi, rendendo la sua sostituzione particolarmente complessa.

Soltanto togliendo lo schermo è possibile rimuovere le viti necessarie a staccare scheda madre e dissipatore. Ma anche a questo punto la batteria non è visibile ed il motivo è presto detto: le unità sono due e sono nascoste sotto alle succitate parti in metallo, bloccate da 29 viti. Avere due batterie è una componente fondamentale per poter usufruire di una ricarica a 65W, come dimostrato dalla Super VOOC di OPPO. Degno di nota è anche il meccanismo pop-up che, come visto con alcune selfie camera, spinge fuori i tasti laterali quando necessari per il gaming.

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